30.10.07

Atene - notte di Natale 1064 Parte I

Avevo la barba lunga ed incolta, ed il mio vestito era tutto qui: un gonnellino di pelle ed una bretella, sulla spalla sinistra. Non avevo scarpe ai piedi, ma passeggiavo sotto una luna ancora grande e vicina a noi, nel preambolo di una notte fresca e quieta. La presenza di quella palla di luce gialla e verde macchiata mi faceva fremere il sangue, mentre giocavo ad estrarre e ritrarre le zanne, in compagnia di un fratello molto anziano. La sua elegante snellezza faceva da contaltare al mio fisico robusto, sebbene fosse solo poco più alto di me. Ma mentre io conservavo i colori di un essere umano lui aveva una pelle bianca e lucida come perla e sembrava che i raggi della luna a noi tanto cara vi si riflettessero. I suoi occhi erano racchiusi in orbite profonde e buie, ed erano iniettati di sangue scuro, lo stesso color porpora della tunica che indossava e che cadeva a pochi centimetri dai calzari di cuoio.

Diversi sentieri si incrociavano su quel colle ai margini di Atene, alcuni corti e poco battuti altri quasi delle strade. Su ognuno di essi almeno una coppia di figure, maschili o femminili non saprei ricordare in quali proporzioni, ma per noi è indifferente. Feci invece caso al fatto che ero l'unico a non indossare abiti di stoffa, anche se la cosa rivestì per me un'importanza davvero esigua. Mi piaceva guardare l'acropoli in lontananza, segno di una civiltà antica quasi quanto il mio compagno ne era guida, marmorea ed artistica come lui, compìti ambedue, ed entrambi ammirevoli. Man mano che la luna si allontanava liberandomi da un senso di ottundimento che era simile ad un'ossessiva necessità di stupire i miei sensi si riappropriarono della mia attenzione.

Così percepii brani di conversazioni di tutti quei personaggi che avevano popolato il colle, ed attraverso i toni delle loro voci, e i timbri di quelle e le parole ricorrenti, riuscii ad intuire una sorta di massiva euforia che si frena. Contai più di venticinque vampiri lassù, fra quelli visibili e quelli a me percepibili. Non dubito che ce ne fossero degli altri che riuscivano a celarsi alla mia attenzione. L'odore della terra innaffiata e smossa salì alle mie narici portando l'effluvio di ulivi e di mare. La brezza accarezzava la mia pelle deceduta 1031 anni prima e con essa arrivò anche l'odore di sangue caldo, ancora vivo e pulsato da cuori umani. Venivano verso di noi, e così mi sforzai per cercare di carpire le loro intenzioni, ma non sembravano avere una volontà comune.

Ad un tratto il mio ospite si alzò di qualche decina di centimetri da terra, e sillabando parole silenti vidi che un fluido sanguineo partì da lui disperdendosene come onde in uno specchio d'acqua che fossero state generate da un sasso. La tensione degli altri salì alle stelle e oltre un centinaio di umani comparvero confusi e madidi nel giardino del chiaro di luna. Ci fu immantinente un attacco deciso, ed in meno di quindici secondi un terzo degli umani era morto, chi dissanguato come giusto nutrimento, chi esploso in uo sbuffo di sangue e frammenti di osso come uno di quei fuochi dei persiani. Ebbe così inizio un delizioso panico comune, i vampiri erano presi dall'estasi del sangue cui ancora io resistevo, e gli umani scappavano terrorizzati, ma ancora non pienamente consci di cosa stesse loro accadendo. Poveracci, pensai, il buio non li aiuta di certo.

22.10.07

Bloody Monday

La pelle al termine del muscolo dell'avambraccio è più soffice e profuma spesso. Ha l'aroma dell'azione e degli abbracci, e nei soggetti allenati è più tesa e per questo più facile da spaccare coi canini. L'estasi del bacio continua perchè il sangue lì è frizzante e reca pensieri d'amore nel braccio sinistro vicino al cuore, e ricordi di cose vissute nel braccio destro. Lo senti con il naso prima ancora che con la lingua, lo avverti che nutre la tua anima sudicia di reietto parassita notturno prima che le immagini di una vita che più non avrai si riverseranno calde nel tuo cuore ormai secco e gelido, dandoti per qualche minuto la sensazione che tu chiami di onnipotenza ma che a ben vedere non è altro se non vita. Oh, ma l'impossibilità di resistere al fascino dell'innocenza è la dannazione di molti di noi nel mondo della notte, e quando l'umanità abbandona i nostri cuori la nostra malizia riprende il possesso del nostro corpo, invidiabile agli occhi degli ignari. Così puoi di nuovo avvicinarli, tu pallida luna del loro essere Sole, nel freddo senza suoni brilli agli occhi di un romantico, e lo attrai come una marea di sangue alla tua bocca, per godere tu più di lui dell'orgasmo dei dannati. E non senti più se il sangue ha quel gusto frizzantino dell'adolescente insicura o il robusto corpo di un atleta su di giri. Non ti importa se l'hai avvicinato con le sembianze di un angelo dopo la messa della sera, promessa di redenzione o se gli hai promesso invece uno sballo intenso e supremo, perchè loro avranno quel che vogliono, l'una la redenzione, l'altro lo sballo. E tu il tuo plasma caldo che ti riscalda il petto, che ti permette di sentire di nuovo che la pelle è baciata dal vento, che ti toglie per dei minuti il sapore di cenere e di morte dalla bocca.



Basta parlare, il sole è tramontato, è tempo di caccia.





18.10.07

Lebbra

All’incirca nel tempo n cui visse Gesù Cristo la lebbra era piuttosto diffusa. Almeno una corrente del credo popolare, se non l’intera popolazione, aveva la convinzione che essa colpisse i peccatori, coloro che commettevano inadempienze all’etica comune, rozzamente codificata dall’uomo del tempo, o addirittura di tempi addietro, e barbaramente imposta come legge divina. Tralasciando la codardia di chi scarica sul “divino” la responsabilità della propria crudeltà (ed in generale della propria nequizia) commettendo blasfemia, volgiamo l’attenzione alla vita dei lebbrosi. Fino ad un momento qualunque persone come ciascun’altra, alti, bassi, magri, grossi. Biondi e bruni, donne e uomini. Nessuna ragione apparentemente chiara per giustificare una malattia che ti macera le carni, che ti fa cadere le dita e la faccia, che ti manda in putrefazione il tuo corpo vivo mentre esso stesso è irrorato dalla stessa linfa che ad altri basta. Una differente reazione delle difese immunitarie, credo, da profano. O un batterio od un virus. Insomma, non di certo l’errore.
Oggi nelle nostre città è di certo raro, se non impossibile, incontrare qualcuno il cui corpo cada a pezzi.
Ma vogliamo parlare dell’anima?
Sia che ci sia un motivo che possa giustificare il disagio temporaneo accade spesso che le ferite al cuore, o alla fiducia, ed in generale ai sentimenti possano diventare sozze e avvelenate, perché non adeguatamente sciacquate, perché le convalescenze sono sottostimate, perché le ricadute sui tessuti fragili sono in agguato. E così ci ritroviamo lebbrosi nell’anima senza neppure sapere più perché ci fa male. E perdiamo pezzi di cuore per infezioni che non sono state capite, non sono state curate, non sono state diagnosticate. Ognuno di noi ha l’imperativo morale categorico di perseguire l’assenza di disagio, per sé stesso e per gli altri, per la porzione di responsabilità sociale che ereditiamo da questo mondo che, vuoi o non vuoi, è reale. Per paura o per vergogna ci chiudiamo nei nuovi ghetti e nei nuovi lebbrosari, cerchiamo solo la compagnia di chi “ci capisce” di chi “è come noi”. Mi pare un pulsione comprensibile, a patto di non indulgere troppo nella mollezza di spirito, perché un arto ferito dopo la convalescenza deve recuperare forza, va allenato, va tenuto sotto controllo. E come potrebbe essere diversamente per un tessuto così impalpabile come l’anima? Per uno scheletro così fragile come lo spirito? Sarà fragile il tuo, di spirito, mi rimprovereranno i cinici o gli infastiditi. Forse. Ma lascia che ti dica un’altra cosa, cinico, infastidito. Lascia che ti dica che se ti procurerai una piaga alla gamba essa verrà sciacquata, disinfettata, trattata, la sua infezione combattuta con i mezzi frutto di ricerche ormai secolari. Ma cosa farai quando ti cadrà un pezzo di cuore? Abbaierai contro l’ignoranza? Imprecherai contro chi ti vuol male? L’arresto di un accoltellatore non guarisce le ferite che il suo coltello ha causato. Ed in mancanza della possibilità di incontrare oggi Gesù o un altro guaritore miracoloso noi abbiamo il preciso compito di non espandere l’epidemia. Di accettare che l’espansione della lebbra dell’anima è in crescita. Di curare le ferite nostre e di lenire le sofferenze altrui. Di trovare se non rimedio almeno un argine.

11.10.07

Fuoco su Babilonia!

Ancora una volta una canzone mi stimola riflessioni, e la canzone in questione è Fire on Babylon di Sinead O'Connor. A dir la verità più che la canzone stessa è stato il titolo ad avermi innescato il brain process, sapientemente coadiuvata dagli strilli inumani di Sinead, a giustificare le immagini apocalittiche che si formavano nella mia mente mentre passeggiavo proprio in Duomo, di meteore e fiamme che scendano giù dal cielo (figurativo). E mi è venuto in mente la frase di Nietszche "la virtù si sente meglio dopo che si è presa una vacanza". Per esempio ci sono momenti in cui esercitiamo inadempienza ai nostri doveri oppure lasciamo che qualcuno manipoli il nostro sentire per tema di ferire o colpire, quando magari dall'altra parte c'è solo cieca arroganza o peggio, malafede. E così le nequizie altrui iniziano ad avvelenare anche chi di nequizia non ne recherebbe il fuoco, se fosse per sè, proprio perchè subdoli e notturni sono gli stratagemmi che attaccano un'anima in buona fede. E man mano questa arroganza, se trova il terreno fertile della non combattività, genera paludi di malsano malessere in cui anche il più cauto dei passeggianti può lordare il suo abito, sia esso bianco e limpido, sia esso un po' meno chiaro. Estendendo l'analogia ci si ritrova senza sapere perchè in una Babilonia dalle grandi potenzialità pervertite, con le colpe che hanno perso memoria dei loro stessi padri, ma che camminano a testa alta, con gli errori che insozzano il pensiero, con i rancori che avvelenano i sentimenti. Ed allora Fuoco sia, su Babilonia. Metaforica fiamma sacra, sacrosanta. Sospiro. E così sia.

Mi riaffiora questa poesia.

Sirena
Datteri rossi dalle tue labbra esiliati
Colti da imbarazzo come da baci rubati;
Il tuo dire è parola in questa maniera;
Di confini ed assedi non ha tempo e dispera
Ora al tuo cospetto, sconfitto senza pugna
Quel cuore cui tutela gentile non gli giugna.
Hai tu voce più dolce dei frutti, Sirena
D’incanti e d’aurora ammantata
Come di spuma dal sole dorata.
Uno schiaffo dall’onde, un memento
Per un momento son memore e in me.
Ed i miei compagni sordi di cera
A quella tua armonia, a questa mia smanìa
Incatenata di conoscenza ad un albero,
Ristanno. Più non ti sentiranno.
La vela spiegata si gonfia di tiuche
Sospinge con me il mio legno lontano
Da te, Sirena; dal ricordo che invano
Quel canto usò violenza alla volta mia.
Gorgheggi senza uso, il tuo canto è una bugia.

9.10.07

Discernimento

God grant me
the serenity to accept the things i cannot change
the courage to change the things i can
and the wisdom to know the difference


Così si apre una delle canzoni più empatiche ed intimistiche di Sinead O'Connor (Irlanda, ancora una volta? eh, no basta, hai rotto).

E vabbè, le mie radici sono anche lì, ed è lì che attingo. Ci sono un sacco di mantra preconfezionati che man mano che si avanza nella vita ciascuno fa propri, come quello qui sopra, che è tratto dalla bibbia, o come quello che ci fanno recitare in palestra di cui ho parlato qualche post fa, e molti recitano come essere, o come agire, o come pervertire la propria volontà, il proprio desiderio, la propria coscienza.

Quello sopra però secondo me è fondamentale nell'inserimento della "wisdom". Saggezza? o meglio: Discernimento? Chi di noi può dire con certezza se le proprie scelte siano frutto di discernimento? quanto spesso invece facciamo delle scelte perchè è quello che farebbe il personaggio che ci siamo dipinti addosso?

Questo è un problema, perchè se per caso (per caso eh) noi non dovessimo essere un incrocio fra giotto e jung, e se quindi noi non conoscessimo esattevolmente come siamo, vogliamo e possiamo essere, oltre a non essere esattevolmente in grado di dipingercelo indosso, allora correremmo un pericolo di menzogna.

Menzogna contro se stessi, un peccato grave, ma soprattutto un peccato difficillimo a trovarsi, perchè "se tu non lo farai... no one will". Parola di Galadriel. C'è poco da fare, non ci sono bacchette magiche, mantra spirituali, non c'è nessun deus che arriva ex machina per prelevarci, ungerci il capo ed i piedi di santificante olio misterioso che lavi via i nostri peccati, le nostre paure, e renda immantinente veri i nostri sogni.

Non esisterà una dama della Luce che ci riempirà di doni per aiutarci a percorrere la nostra via, perchè "all i need is inside me", come recita, ancora una volta con giudizio, quella canzone di Sinead, che sarà pure un'artista mediocre per qualcuno, o poco figa o che ne so. Ma ha indiscutibilmente una sensibilità fuori dal comune.

Concludendo...

Miao.

8.10.07

Il lamento del Narciso


Ci sono alcuni accordi che toccano il cuore, e ce ne sono pochissimi che il cuore lo fanno entrare in risonanza pura, atrii e ventricoli che pulsano insieme alle note, e sangue che fluisce con l'enfasi della voce. Quando sento Daffodil Lament dei Cranberries mi succede questo. Mi sento come prelevato dal mio corpo, i miei occhi smettono di comunicare al mio cervello, e la mia anima si stacca dal mio corpo, mantendo con esso solo un misero "cordone" argenteo, mentre fluttuo in una bolla atemporata di milioni di secondi, e ricordi e sensazioni mi si affastellano come legna per un falò, che improvviso divampa senza consumo e senza ustioni, solo tepore, luce e magia. Non credo siano le parole del testo, che lette da sole non mi trasportano da nessuna parte, ad essere intrise d'irlanda, o di anima, o di sogno mistico, ma credo che sia la sillabazione ritmica unita al suono che la accompagna, un incantesimo in piena regola, che non è un unicum. Questa stregoneria ha effetto sull'umore e sull'empatia, quindi è spirituale, e attinge ai ricordi laddove li ha, aumentando la propria potenza: infatti piombo inevitabilmente su una bicicletta che va veloce sulle strade del ring of beara, una penisola fra due fiordi irlandesi, felice dell'amicizia di chi era con me, euforico nel mio amore per l'Irlanda, deliziato dal ricordo di valli glaciali e laghi blu topazio, incastonati fra declivi verde smeraldo, gioielli che la Corona se li sogna, non esclusivo appannaggio dei reali, ma non per questo meno reali nel loro donarsi a noi, silenti, atavici, mistici, ma terreni.


Come un bicchiere di vino con il giusto piatto, questa canzone s'abbina ad una porzione d'Irlanda.



Foto di S.L. Fischiettando felice verso una giornata indimenticabile - Kenmare 2002

6.10.07

Impero d'Irlanda

C'è un altro viaggio che mi piacerebbe fare, guarda caso, in Irlanda. Mi piacerebbe essere lì, mettiamo a Dublino, che è la città meno irlandese di tutta l'Irlanda, essendo stata fondata dai Vichinghi, e da lì una mattina grigia in cielo ma verde sui prati prendere un deltaplano o un piccolo velivolo silenzioso, che ne so, una mongolfiera, un drago invisibile (ma che non abbia mangiato pesante, che se digerisce forte è un casino) un parapendio, ed avviarmi verso nord ovest, in direzione della pietra di Faal, sulla Hill of Tara. Narra la leggenda che sul mound dove giace la pietra di faal avvenissero le incoronazioni dei legittimi Ard-Ri (re supremi) di Eriu. Eriu è il nome che preferisco di quelli dati all'isola di smeraldo. E la pietra di Faal cantava, è detta la pietra che canta. Cantava solo se la toccava la persona giusta, il che mi fa venire in mente anche altro, ma sorvoliamo. E sorvolando i campi verdi in cui il vento muove le erbe come fossero onde mi piacerebbe poi dirigermi ad ovest, mentre pian piano il grigio delle torbiere si sostituisce a quel mare verde, e man mano l'odore delle distillerie si confonde con gli ultimi rimasugli di aria marina, cercherei di starmene alla larga (ma non troppo alla larga) dai vapori di whiskey (mai omettere la e, gli irlandesi si incazzano come irlandesi!) e tenterei di raggiungere una sponda del fiume shannon, per vedere il cuore pulsante e il sole al tramonto tuffarsi dentro ad un laghetto blu mentre l'aria si rinfresca. Ecco, potrei togliermi le ali, in quel momento e fare una sosta in un pub, di quelli con le porte di legno scuro, il bancone di legno scuro e tantissimi bicchieri. Uno di quei pub dove un signore baffuto e paonazzo sta orgoglioso su uno sgabello con una pinta di guinness in una mano e l'altra mano sulla spalla di un ragazzo, mentre quello, suo nipote, si beve la sua prima pinta col nonno. Ordinerei un piatto di salmone e funghi, e mentre attendo prenderei una guinness e delle patate, mentre l'oste segaligno tiene lo sguardo basso tipico degli osti migliori. Lascerei che il tepore della gente e quello dell'alcool affiorassero sulle mie gote e qualche pinta più in là potrei bere un paio di whiskey.





A nanna, adesso, domani si vola.





Foto di S.L. Il legittimo Imperatore d'Irlanda che fa cantare la pietra di Faal - Tara 2003

5.10.07

Senti freddo?

-Perchè non sei mai caduto da una moto da neve in Groenlandia, alle sette di sera ed in pieno inverno, e soprattutto non ti sei dovuto fare altre 8 miglia con la neve nel collo prima di poter abbracciare una stufa a cherosene. Quindi non parlarmi di freddo.-



Questa è una delle mie frasi tipiche quando qualcuno mi chiede se ho freddo. E dietro questa frase, come dice Arseface, si annida una storia. Ma andiamo per gradi, perchè intanto mi piace molto "si annida", è una cosa tenerecchia, c'è una storia tutta accucciolata dietro una frase, e ancora no sappiamo se ha messo le piume oppure no, ma quel che sappiamo di certo è che quella storia quale che sia, proprio perchè è una storia, ama essere raccontata davanti ad un fuoco. Chissà se per le storie nascere davanti ad un fuoco equivale a nascere normalmente mentre se non nascono davanti ad un fuoco allora per loro è una sorta di parto cesareo. Ammettiamo che questa storia sciocca di un povero cristo che non capisce la lingua degli Inuit e cade nella neve come un testicolo sia una storia colorata, e non una storia in bianco e nero. E sia oltretutto una storia piumata, così è facile immaginarci la storia, piumata e (mettiamo) viola, che timida ma orgogliosa si accucciola dietro una frase. Ora dobbiamo immaginarci la frase, ma se la frase è come quella di cui sopra, che è tagliente e scocciata e che parla di freddo allora non ci si può esimere dal considerarla come un pentagramma in bianco e nero. E così avremo un piccolo pennuto viola che si ripara dietro una pergamena di spartito. Probabilmente è lo spartito di una canzone di Belle&Sebastien, nello specifico di "La Pastie de la Bourgeoisie" [...]And you love like nobody around you How you love, and a halo surrounds you[...]. Anche perchè Sebastien (era lui il cane vero?) era un San Bernardo, e se cadi nella neve con -50° un sorso di miruvor lo vuoi proprio.



Ecco fatto, ho dato vita a una storia.






Foto di M.G. Io che bevo poco prima di finire nella neve - Groenlandia Febbraio 2001

4.10.07

Saluti

Rime snocciolate come sabbia fra le dita
per dire, fare dare o cominciare una partita.
Quelle eran parole che un tempo mi hanno detto
che affiancavano il sentire al moto di clessidra.
Chi compagna è stata ma non lo fu di letto
Chi con la sua ira si trasfigura in Idra.
Contatto furioso di legno e di mani
croste di tempo nel caotico domani.
Scorre la sabbia, scorre senza sosta
e non importa se tanto mi costa.

Ma questo non basta.

Non basta il coraggio di non proferir parola
Non basta questa storia, che è una fola.

Perciò saluti, anima innata
ne riparliamo dopo la tua epifania
saluti, anima drogata
saluti, e così sia.

2.10.07

Defying the laws of gravity

Ieri sera tornando dalla palestra mi è venuta in mente una riflessione. E se tutta qusta ansia e questa angoscia degli ultimi tempi, se tutta questa necessità di emergere e di rompere gli indugi non fossero altro che la giusta reazione all'inattività dopata degli anni passati nella menzogna di me stesso? In fondo se la mia pulsione rabbiosa ad avere di più fosse solo una cosa naturale? perchè non dovrei assecondarla e in pratica lasciarmi trascinare dalle mie energie in evidente esubero? tutto quadrerebbe, ed il cerchio si potrebbe, finalmente, chiudere. Tutte le persone che ho conosciuto negli anni hanno lasciato un piccolo segno in me, e ne ricordo poche che non abbiano almeno mostrato interesse, quando non fascino, e quasi sempre benevolenza. Ogni cosa di quelle poche che ho portato a compimento, è risultata ben fatta, e brillante, quindi non c'è ragione di credere che questa sia paura nè incapacità. Si tratta invece di fretta, di urgenza, di premura, e io anche in questo stesso istante sto cercando di imbrigliarla incatenando con la ragione, mio baluardo, un'energia che don't stop me now! Vorrei ringraziare pubblicamente Vale ed Eu, per essermi stati meravigliosamente vicini e di continuo supporto in queste ultime settimane difficili. Non dico che non mi merito amici come voi, perchè alla fine non è vero. Ma la mia gratitudine vi raggiunga ugualmente.

E con il malessere se n'è andato anche il demone della scrittura, quindi non aspettatevi post paurosi a manetta, magari ogni tanto parlo di persone, magari ogni tanto di Irlanda, e magari qualche volta di viaggi, mentali o onirici. Ieri mi era anche venuta un po' di ispirazione per continuare quella poesia del fascio di luce, ma il barlume è stato labile. Adesso, stante il fatto che noi hobbit siamo ghiotti di funghi, mi tocca mangiare un'intera torta ai porcini e patate. E onestamente, è molto meglio questo che stracciarmi il cuore a brandelli.

1.10.07

Taiji Meihua Tang Lang

Dopo un infortunio di cinque mesi ho rimesso piede in palestra. Non nascondo una certa emozione, e stasera quando metterò i pantaloncini e la nuova maglietta sarà ancora maggiore. Spero che basteranno i primi quindici minuti di riscaldamento per ottundermi il pensiero quel tanto che serve per permettere al resto dell'allenamento di influire sul corpo. Mens sana in corpore sano, tradunt. Il mio stile marziale predica umiltà, coraggio, fortezza. Ed ha radici nel misticismo spiritistico di un buddhismo giovane che ha nelle sue caratteristiche la pazienza e la tranquillità, o quanto meno la certezza che la tranquillità sia raggiungibile, laddove invece per noi in occidente la certezza è che l'aldilà è raggiungibile, il che se vogliamo è sì più pragmatico ma alle volte può tagliarti le palle. Ho scelto questo stile di Kung Fu, nonostante fossi contrario alle arti marziali, perchè convinto dall'aria che si respira in palestra, e non intendo quella degli spogliatoi chiaramente, ma quella che stranamente per una palestra di arti marziali, non è di esaltazione ma di allegra concentrazione, un po' casinista ma molto raffinata. Tutto genio e sregolatezza, genio nel carisma del maestro e di qualche allievo, e sregolatezza nei programmi che cambiano sempre, nelle mila varianti di tutte le prese e posizioni. E poi se anche gli anziani non sono troppo bravi il mio morale ne guadagna, sacre bleu. Per un giorno lasciamo da parte quegli altri pensieri che mi attanagliano, e lasciamo anche da parte le poesie, i viaggi intergalattici, le superomistiche superseghe supermentali che di solito lascio qui. Oggi umiltà. Domani coraggio. Forza!



Foto di mio padre: me in una posizione ibrida - largo delle eolie 2004

27.9.07

Mi ascolti, Morfeo?

Oggi non avendo niente da fare e non potendo andare a correre parlo di viaggi. Sarà perchè sento un po' la pulsione all'avventura, vista la troppa quiete meccanica che mi circonda almeno a livello di avvenimenti. Ma questo non vuole essere un j'accuse nei confronti dei miei amici, che pure però si devono stare zitti se li taccio di inattività, perchè sanno che ho ragione.

Viaggi, dicevo.

Non so se è più piacevole abbandonarsi al ricordo e raccontare qualcuno dei viaggi che già ho fatto oppure se è il caso di spreadare le proprie wings end flaiare away. Posto che non sono un nonno, nè tantomeno un papà, credo che preferirò abbandonarmi un po' ai sogni, e così magari metto nero su bianco qualche proposito.

Io ho il richiamo per il nord, quello stesso di cui narra Jack London, ed ho una predilezione per le terre vuote ed estese, mi sarebbe piaciuto tanto essere un cercatore d'oro nel Klondike alla zio paperone. Ghiacci ovunque, l'aurora boreale, che pure ho vista in groenlandia, la natura selvaggia ed incontaminata e lo statuto ontologico di pioniere. Il primo o fra i primi a battere dei sentieri, arrancare e non arrendersi... ma non so se vorrò mai fare un viaggio lassù, non nella realtà. Uno che mi piacerebbe fare per ora, chissà come mai m'è presa l'idea, è di ripercorrere la via della seta, quella settentrionale. Mi piacerebbe partire di sera da Venezia in nave, a lume di candele in una notte umida e stellata, vedere le luci della città che si allontanano e sentire dentro me quel tuffo al cuore che viene viaggiando verso mete incognite, vorrei una mattina sorprendermi a scorgere in lontananza la cupola dorata di Hagia Sofia, la cattedrale di Istanbul, magari in controluce, visto anche che se non ricordo male il sole sorge proprio ad est... Vorrei prendere un cavallo e partire alla volta di Samarcanda (sognare non costa nulla, chiunque è libero di far questo viaggio con me), ripercorrendo le strade calpestate da Alessandro il Grande e dal suo esercito, o dalle carovane dei fratelli Polo, attraversare la media, la persia, la bactria e costeggiare l'immensa scitya a meridione, dove oggi giacciono confini incerti e dove oggi la gente muore con gli stessi perchè e con le stesse paure di duemilacinquecento anni fa, ma forse con meno dignità. Vorrei di nuovo imbarcarmi ma stavolta su di un fiume, e dal deserto passare attraverso foreste e poi steppe sul Bajkal, che è così profondo che se venisse svuotato tutti i fiumi del mondo impiegherebbero un anno a riempirlo di nuovo, e poi stanco esterrefatto e nuovamente nato vorrei svegliarmi una mattina in un giardino con mandorli rosa e laghetti con loti e ninfee, indossare una vestaglia di seta e con i miei occhi a mandorla guardare quelli di una ragazza sorridente, minuta e con dei modi gentili.

Te ne insegno qualcuna, Sogno. Se non vuoi darmi aiuto tu, ci penso da me.

26.9.07

Meme (ma anche te)

Dice Anna che è la mia volta, e che in pratica devo scrivere otto fatti. Questo mi ricorda un po' una simpatica amica che diceva "raccontami un fatto" oppure "raccontami un fattone". E inoltre si sposa bene con l'agognata leggerezza.

Ecco dunque:

1) Da lupetti quando arrivava la sera ci sedevamo attorno al fuoco, non più divisi per sestiglia, ma come ci piaceva di più. Io mi ricordo che mi sedevo molto volentieri vicino a Mariantonia, o a Carmine (che però era una ragazza), anche se loro erano nodo rosso e io solamente nodo giallo: ascoltavamo e raccontavamo a turno una delle storie del libro della giungla, e la mia preferita era quella in cui il branco metteva da parte ogni cosa per proteggersi dall'attacco dei cani. E poi cantavamo piano, quasi mormorando.

2) Per il mio diciottesimo compleanno alcuni amici sono rimasti a dormire a casa al mare con me, dopo la festa estesa anche a tutti gli altri. Abbiamo bevuto una bottiglia di tequila a testa, uno di loro ha spiaccicato la mia torta per terra, poi abbiamo fatto la guerra col borotalco e siamo andati a spaventare le persone, che però non solo non si spaventavano ma anzi ci prendevano per imbecilli. Siracusano è salito sulle giostre e ha vomitato.

3) In terza media mi sono rotto la caviglia, facendo educazione fisica; sono rimasto ingessato per 25 giorni, poi una volta tolto il gesso camminavo zoppicando per un po'. Un pomeriggio mentre andavo a incontrare Giulieide una ragazzina della putìa sotto casa, accanto all'oste, mi dice: "chi fai camini zoppu? chi schifu!". Dieci anni dopo le ho vomitato sulla saracinesca, dopo una serata etilica in doppia cifra di guinness.

4) Quando prendevo la canoa in estate, prima delle lezioni di vela, andavo ben più lontano di dove indicavano gli istruttori, e per tutto il tragitto canticchiavo Telegraph Road dei Dire Straits, con tanto di twieeown e tiiiin di chitarra. Per tacer dei tarataratara!!!

5) Per il primo anniversario ho inviato alla mia ex che stava fuori un pacco con un cuscinone, cioccolatini, sigarette, un cd di canzoni cantate da me ed una foto osè. Ho pagato per farlo, incredibile.

6) In terzo liceo ho fatto una intera interrogazione di greco con i pantaloni abbassati sulle chiappe. Era una di quelle interrogazioni "due contro due" che piacevano tanto alla professoressa bastardissima, in cui metteva da un lato due bravi (nel caso eravamo io e Fiorillo) e due bestie dall'altro (le sorelle schifazzù). Le abbiamo ridicolizzate e ne siamo anche andati fieri, il che testimonia che la scuola è un luogo asperrimo.

7) La mia auto era soprannominata smithsmobile perchè c'era sempre un cd degli smiths (e quasi sempre the queen is dead) e io guidavo come un pirata toccando anche i 170 in città. Una sera abbiamo girato un video di una di queste corse folli per metterlo nel giallo noir che avevo scritto.

8) Una notte ho passato nove ore al telefono con la mia ragazza, poi mi son fatto la doccia e sono andato a prenderla a casa per andare a scuola.

E ora passo il testimone ai miei amici, sperando di schiodarli un pochetto: Drugo AlexMeister e Antolla

Pììì-oooove

Ebbene, mi si fa notare la cappa di serietà che ha ricoperto il mio blog. E visto che vorrebbe essere un modo per tenere traccia di me questa serietà non è, ovviamente, possibile. C'è però da dire che questo non può e non deve diventare uno spin off dei qani, luogo deputato alla demenza, nè un dipartimento distaccato della M.I.A.O. la società di consulenza di demenza di cui sono presidente. Quindi come alleggerire l'atmosfera e dare spazio ai polmoni di respirare? Non ho una risposta concreta, ma il post di ieri di Inenarrabile, (che chiamerei più volentieri con il suo nome) e il nubifragio di stanotte sono dei segnali che non vanno ignorati, quindi farò in modo di alleggerire l'approccio, e parlerò di pioggia.

La prima parola che ho pronunciato non è stata mamma, papà, tette o whisky, è stata "Piove". Anzi, per l'esattezza è stata: "Pì-ooooove", per il disappunto di buona parte dei miei cari. Dovevo essere in braccio alla nonna, quella nonna di cui ormai solo in tre abbiamo memoria. E stavamo davanti alla finestra del salone, a quanto mi dicono, in una giornata di pioggia decembrina. A Messina piove più che a Milano, non si creda. E la pioggia ha un forte potere catartico, se sei felice sotto la pioggia sei ancora più felice, se sei malinconico non c'è niente di meglio per accompagnarti della pioggia. La prima volta che sono stato in Irlanda sono stato accolto da una bella pioggia che non ha smentito le mie aspettative sul clima delle isole britanniche, e così è stato pure al mio primo arrivo a Milano. Pioveva anche durante uno dei tragitti in nave lungo le coste del Brasile, verso le ilhas tropicaes, e così ho potuto testare la mia personale nuvoletta di Fantozzi anche dall'altro lato dell'atlantico, in un altro emisfero. Avevo voglia di cercare la stella polare... ad alzare gli occhi al cielo si beccavano solo goccioloni, ed il mare piatto la gran pioggia e l'umidità elevatissima dell'estate tropicale facevano sì che io avessi la sensazione di essere un pesce.


Da un estremo all'altro, ricordo invece la pioggia alle terme di Reykjiavik come un sollievo perchè interrompeva una nevicata di tre giorni. L'acqua nelle vasche termali era a 26° e la temperatura atmosferica poco sotto lo zero, cosicchè avere pioggia anzichè neve sulla testa e le spalle era una benedizione (sì perchè le vasche erano, categoricamente, all'aperto). Al pensiero mi rendo conto cos'hanno spesso da strillare i Sigur Ros nella quiete più assoluta (ma non assolAta). Prova a immaginare che mentre sei lì col sedere a mollo nell'acquetta calda in compagnia della tua ragazza e di una trentina di altre bionde nordiche ecco un fiocco di neve che ti si posa lieve fra spalla e collo. Hjosolìììììììì!!!! Fruglfrelsariiiiiinnn!!!! Htjyù-ùùùù!!!

Bè, l'impulso l'ho sedato, spero di non essere stato pesante come negli ultimi giorni. E se lo sono stato...

Se noi ombre vi abbiamo annoiato
fate conto che vi ha visitato
solo un sogno perchè nel frattempo
voi stavate, voi tutti, dormendo
(Puck, per penna di Guglielmo Scuotilancia - Sogno di una notte di mezz' estate)


Foto di Enrico Romeo: Temporale tropicale - Largo della costa Brasiliana Gen/00

25.9.07

Antenati

Miasorellaquellapiccola mi ha fatto giustamente notare che non ho ancora parlato della mia famiglia. Ed in effetti è un peccato perchè io ho una famiglia d'eccezione. C'è da morir dal ridere, c'è di che mettersi le mani ai capelli, c'è di che indignarsi, c'è da ammirare. Come ogni altra famiglia, mi si potrebbe obiettare.

Cazzate.

La mia famiglia è veramente speciale, e lo sarebbe anche se non ci fossi io, il che dovrebbe essere un indice di quanto è speciale.

Ovvio che non si può in poche righe esplicare quanto detto, nè è un mio proponimento.

Ma un epitaffio, un peana, al Monno lo faccio volentieri, se mi riesce di asciugare le lacrime.

Il Monno è un nonno, innanzitutto. Era (è morto, sì, anche se non del tutto) il più anziano, il Gerontius Took della mia famiglia, era piccolo e fragile, almeno alla fine. Ed era di una bontà provvidenziale che nè Manzoni nè Hugo avrebbero saputo cantare, figuriamoci io. Bè forse Hugo sì. Mio nonno Franz mi ricordava infatti il vecchio Jean Valjean, non certo per le sue avventure o per la sua forza fisica, quanto per il suo amore buono e senza compromessi, i suoi occhi dolci, liquidi, profondi e semplicemente ricolmi di benevolenza ed affetto. Io ho vissuto con mio nonno per non ricordo quanti anni, oltre un lustro comunque. Gomito a gomito, eravamo vicini di stanza, noi due soli nella casa, eravamo coinquilini. E nessun altro coinquilino mi è mai stato così vicino e così tacitamente d'esempio. Purtroppo l'esempio del Monno è un esempio che mi causa ancora dolore, giorno dopo giorno. Io non sono quel che era lui, il mondo non è il mondo in cui era lui. Non riesco ad essere sempre buono, a perdonare immediatamente ogni minimo torto, a superare ogni menzogna con un sorriso. Non riesco a lasciare fluire le lacrime, ma posso promettere una cosa, Nonno. Lo prometto e lo giuro sulla mia stessa anima. Nessuno mi porterà via il tuo esempio, nessuno riuscirà mai a farmi abbandonare la convinzione che si deve essere buoni, più di ogni altra cosa, che si deve essere amorevoli, più di ogni altra cosa, che si deve essere semplici, e che la vita è fatta solo ed esclusivamente per amare chi ci sta intorno, che i sentimenti giusti sono quelli buoni, e che il resto veramente non importa. Come era per te.

E stemperiamo un po' questo groppo in gola con le tue frasi celebri:

Enricuuuucio.... Mi metti na stilla i colliriu?

Pronto? Enrico non c'è! è al gioco!



Foto di Enrico Romeo: Zio Franciscu, Nonno Franz e Mamma. Rometta 2003

23.9.07

A volte ritornano

La cieca ostinazione d'incollare
ai rami foglie secche ed ormai morte
scavalca la ragione, svilisce il sentimento

Ogni tanto mi tornano in mente le mie stesse parole, a dispetto dal mio voler rifuggire dall'autoreferenzialità. Ed ogni volta che quelle parole mi tornano in mente una pace Ungarettiana si fa strada in me, e mi passano davanti le foglie che stavano sugli alberi in autunno. E mi figuro un baffutissimo Nietszche che, ostentando superomismo, si inerpica sull'albero per riattaccare le foglie, mentre poco distante i Monthy Python lo prendono in giro e lui arrossisce. Tutto diventa film d'animazione nello stile di Yellow Submarine, ed infatti ecco Paul McCartney che canta la sigla.

22.9.07

Trascendi

Giorni duri, per molte persone. Così mi sembra. Pare che "un'ombra si sia risvegliata ad ovest", pare che ci sia "una perturbazione nella forza". Eppure non è di problemi medici che si tratta, non è esattamente di sofferenze fisiche. Nè è "esattevolmente" chiaro dove giacciano i problemi, persona per persona, uomo per uomo, donna per donna. Eppure io so. In un qualche recesso recondito di me, nascosto alla luce del giorno, nascosto alla vita sociale reale fatta di suoni e occhiate io so. So dove nasce, so quando e soprattutto so il perchè. E in un agolo recondito nascosto al "me stesso" che si vuole apparire, anche "a me stesso" lo sa ciascuno di noi. L'anima soffre. Ha una ferita, ha ricevuto un colpo. L'anima non ha epidermide da incidere, e per questo è più difficile da graffiare, perchè è eterea. Ma l'anima non ha tessuto epiteliale che si nutre di liquidi, e per questo i suoi graffi sono più lunghi a guarire. Dobbiamo riconoscere che abbiamo un'anima, che è lo schermo che separa il nostro passato dal nostro futuro, è quel che siamo stati proiettato da quel che vorremmo verso ciò che potremo essere, è uno statuto ontologico in fieri, ma immanente.

Ci sono medicine che ti curano e disinfettano le ferite, ci sono medicinali che aiutano la psiche. Ma per l'anima... siamo soli, senza supporto, dobbiamo curare la parte più intima in assoluto di noi stessi con le sole nostre forze. Potrebbe capitare di farlo in compagnia, ma gli atti sono tutti solamente nostri. Potrebbe capitare che qualcuno si accorgesse che è un travaglio quello che stiamo vivendo, che non siamo in noi. Che trascendiamo. E trascendenza sia. O vuoi negare di avere un'anima? o forse non vuoi prestare ascolto al grido che ti rivolge? L'anima non è un bimbo che piange per capriccio, non esiste l'educazione dell'anima. Esiste il nutrimento. L'anima non è un animaletto di cui puoi non curarti per un giorno o due. L'anima sei tu. E se piange sei tu che piangi. Allora trascendi, ascoltala, accetta quel che ti dice, perchè è quel che dici tu stesso e che non riesci a sentire, in questo momento. Sarà il frastuono di sciocchezze in tv, sarà l'adrenalina che ti rimbomba nei padiglioni, nata dalla necessità di migliorare, fare, divenire. Ma non lasciarti l'anima alle spalle. Trascendi.

20.9.07

Uno Hobbit



Ho fatto molte prove negli anni, ho provato ad essere un fighetto, ho provato ad essere un fuso. Ho provato ad essere un poeta maledetto, ho provato ad essere uno sportivo, un ingegnere, un erudito. Quando è così evidente quello che io sia. Mi piace la compagnia degli amici, le risate al pub, mi piace una bella fumata. Mi piace quando i miei abiti hanno l'odore del camino. Sono estasiato quando ho la sensazione di stanchezza che segue l'intenso contatto con la natura. Ho i piedi pelosi. Sono molto a mio agio in campagna, e se ho anche mezzo metro quadro di terra provo a piantarci qualcosa. Poi non cresce, perchè ho il pollice nero, ma mi piace così tanto e mi rilassa così infinitamente l'idea della terra. Mi piace far frittate, ed avere ospiti a cena, rimpinzarli mi piace fare e ricevere regali. Mi piacciono gli alberi genealogici, ho cura delle mie radici, spensieratamente e senza travaglio interiore. Se voglio so esser silenzioso, e all'occorrenza un bravo scassinatore. Sono piccolo. Non sono felice di stare in mezzo ai "gambelunghe". Sono uno hobbit. Non so se sono Bilbo, o Frodo. Non so se la mia via è fuggita innanzi. Ho amici saggi come elfi, ho la benevolenza di anziani e venerabili persone. Quello che voglio è una casa con la porta d'ingresso tonda, tante camere da pranzo piene di cianfrusaglie e piatti, una dispensa ben fornita. Una pergamena, una presa di erbapipa. E se capitasse un'avventura... recalcitrerei come un mulo, ma...

Foto di S.L. Inis Mor, Irlanda - 2001 Me ed A. in paradiso.

19.9.07

I(r)iolanda

Devo parlare ancora una volta di Irlanda. Intanto Irlanda ha una assonanza piuttosto corposa con "Iolanda" e Iolanda è la mia amica d'infanzia più presente nella mia infanzia. Siamo tuttora ottimi amici, ma la particolarità è che la mamma di Iolanda viene dall'Irlanda. Io e Iolanda siamo stati in Irlanda insieme, la prima volta che sono stato lì, e non era programmato. Ho incontrato sua madre e sua nonna dinanzi al Trinity College a Dublino, che erano appena andate a prendere Iolanda in aeroporto. Poi s'è unita al gruppetto dei miei amici, e siamo stati in giro per una settimana insieme, prima che lei ci lasciasse per raggiungere i suoi parenti. In quella settimana abbiamo visitato Dublino ed i suoi pub, Clonmacnoise, Shannonbridge e le sue interessantissime miniere di torba, la splendida Galway, le Cliffs of Moher e le Isole Aran. A Galway mi sono innamorato di una violoncellista di strada, ed uno dei miei amici è stato praticamente violentato da una sguauata vicino lo spanish arch. A Galway ho acquistato un'armonica, in re. Stavo quasi imparando a suonarla senza ferire le mie stesse orecchie (per quelle altrui ci sarebbe voluto un po' di più immagino) quando piuf... perduta nella sabbia ad un falò.

Ma non è questo che voglio dire di Erin. Alzi la mano chi non ha un idea mistica dell'Isola di Smeraldo. Ogni volta che ci son stato, con chiunque io ci sia stato... il cielo così basso e le nuvole che piottano, il vento che muove i campi con onde verdi, i muretti dei pastori eretti con sassi, e con un equilibrio che nemmeno l'ingegner Cane. Vacci, in Irlanda, lettore. Con chiunque. Non aspettare "l'occasione giusta", nè "la persona giusta". Quale che ne sia la ragione l'Irlanda ti pizzica corde che non sapevi di avere, quel che è solo a due dimensioni diventa invece tridimensionale, e quel che già è certo acquista anche vita.



p.s.
Iolanda è la persona più ritardataria d'Europa.

Foto di A.N. Inis Mor, 1997 Iolanda, Andrea, Me, Laura. E i muretti.

18.9.07

Glenna

Oggi parlo del whisky. Il whisky è una di quelle persone la cui compagnia va bene anche a tu per tu. Mica come una "pur piacevole" birra. Difatti si dice spesso: "andiamo a farci una birra", ma quando si è già almeno in due. Con la bionda birra (o con la scura per gli amanti del genere) si è così in tre, e come è noto ai più (tolkieniani) "in tre si è in compagnia". Ma qui non si parla di birra, oggi è il giorno del Whisky.La sua quiete sta rinchiusa in una bottiglia finchè non la stappi, e già quando lo versi nel bicchiere senti il suo profumo, e sai di essere insieme a qualcuno che si prende cura di sè. Spesso il suo profumo è buono, e senti di essere con qualcuno che ha fascino, che quantomeno fa delle promesse e delle avances. Il suo colore che varia dal biondo miele al quasi albino ne fa in ogni caso un amico insueto, per noi mediterranei caciaroni, lieti di azzuffarci tutti insieme in crateri colmi di nero d'avola e grigliate sulla spiaggia. Ma quando senti poi la whisky (pazienza, non ce la faccio a considerarlo maschio, sto quasi per farci l'amore) che ti bacia, lieve sulle labbra, avvolgente sulla lingua, allora un calore si sprigiona e il cuore pompa più forte mentre estasi di caramello e liquirizia feriscono come lame il cervello passando dal naso, e tu sai che Glenna ti ha pervaso.



Ormai sei in ballo, e saresti una donnicciola a ritrarti, così al primo bacio ne segue un altro e presto è Catullo con i suoi mille baci. Come qualsiasi persona, Glenna può darti alla testa. E siccome è bella, buona, brava (e costosa) farai bene a misurare la sua compagnia con la tua capacità di dominarla. Quando è con te amala, prendi quel sorso che ti evisceri i profumi, lascia stare quello che ti colpisce nello stomaco. Lei non sa fermarsi, devi farlo tu. E se sei bravo, la mattina dopo, non ti svegli con il classico "oh, mio Dio cos'ho fatto", ma la vedi lì. Sei fiero ed hai un bel ricordo, magari le strizzi l'occhio. La rivedrai.

foto di Enrico Romeo
on air: Drink before the war - Sinead O'Connor