30.11.07

Amici!

Potrei parlare per esempio dell'amicizia. Fa parte dei tre grandi valori sociali e delle tre grandi categorie di relazioni umane non professionali, Amicizia, Amore, Famiglia. Ok che si prova amore per gli amici e per la famiglia, ma qui per amore si intende quella relazione che lega biunivocamente (generalmente) due persone che fanno sesso. In ambo i casi si doveva parlare di amicizia. Di queste tre categorie è quella che in fin dei conti ho meglio esplorata, sia per mia attitudine che per occasioni della vita. E il mio primo "migliore amico" era Francesco detto Pattetto, che ho mandato in ospedale e poi un mese a pane e acqua per un pugno nello stomaco a sei anni. Da allora le cose sono migliorate, confesso, e ho avuto belle amicizie che poi sono evaporate in maniera naturale (come per esempio Teresa oppure Nino) dovendo ciascuno di noi proseguire per strade diverse. Altre volte poi amicizie che parevano eterne ed indissolubili sono fragorosamente crollate (Paolo, Letizia). Certe poi rimangono ancora salde dopo ormai oltre 25 anni, attraverso grandi litigi ed insulti, momenti (rari, veramente) in cui si sta a distanza. Marta, Jolanda. Poi ci sono gli amici di una vita, quelli che sono amici veri, che vengono dal liceo, che hanno la mamma maiala, il babbo becco e il nonno impotente, che ci fai un viaggio e arrivate senza dubbio alle mani o per lo meno al sangue agli occhi per quanto vi incazzate l'uno con l'altro, che uscite la sera e vi state sui coglioni per come state portando avanti un esame, una relazione, per come non avete passato la palla, ma purtuttavia vi spalleggiate, ascoltate le lastime e le lamentele che il vostro amico ha da fare nei momenti lagnosi, vi sorbite le sfuriate quando qualcuno (qualcun altro) rompe le palle. Manco a dire che ci si passa un libro o una canzone, il solo pensiero è un'onta mirabolante! Mi fanno schifo i tuoi libri, saitta di merda, che dio ti fulmini! ma che cazzo di musica senti romeo, squilibrato testa di minchia! basta musioni montalbano, ebasta! ebasta! ce l'hai fatto a maccherone! Intorno a questo trespito cresce una vigna di altri personaggi, amici stagionali, da cui poi volta per volta nascono nuovi alberelli, oppure mal che vada si fa un buon raccolto ed una bella bevuta (sempre lì si finisce). Crescono nell'orto i vari alberelli spontanei che si appoggiano a quelli più solidi, oppure muoiono, e man mano che il tempo passa, con le giuste accortezze, se la pianta è forte ed accetta il terreno ecco che spuntano nuovi giovani amici, già di un'amicizia matura perchè si sa bene come nutrire il pollone. Spuntano i Masoni, i Franz, i Valeri e i Roberti, spuntano gli Antolli, le amiche-femmine, qualcuna più amica qualcuna più femmina, e ci si scambia i libri, si discutono i grandi temi della vita, si usa cortesia per il gusto di esser gentili, si accetta la generosità per il gusto di ricevere doni. Ci sono da qualche parte le amicizie oligarchiche, quelle che raggiungono, a dispetto delle differenze di età e trascorsi di vita, un livello di profondità abissale, che scavano nel profondo dell'anima, che sono legami di cui siamo avidi e gelosi, perchè amicizie d'intelletto, su un livello parallelo di sapere, discernere ed esternare, sono amicizie alle queli ci si autoeduca, che portano grandi sollievi e che raramente hanno però il coraggio di sortire alla luce, per chissà quale ragione. Io mi immagino come una congrega di saggi in una caverna, tutti con le barbe lunghe e bianche, anche le donne, tutti con la tonaca nivea, tutti ricettacolo di un sapere trasceso.
Mi dispiace per quelle torri crollate, mi dispiace quando le cose vanno a piobo giù senza che nessuno lo voglia, ma perchè manca uno sforzo comune per affrontare il nuovo. Mah, chissà con chi sto parlando, chissà.

29.11.07

Meme 5

CHI O COSA TI HA SPINTO A CREARE UN BLOG?

Eh! va di moda, scrivo un po' ovunque, ma devo dire che qui sul blog con un successo abbastanza scarso. Volevo condividere delle sensazioni principalmente con i miei tanti amici che stanno lontani e che vedo poco, quelle sensazioni e discussioni che non si possono fare in chat. Ma vengo bellamente snobbato in questo nobile proposito, così ogni tanto perdo voglia e ispirazione. Perchè se non parlo con nessuno che parlo a fare? E poi ne aveva fatto uno il Dijjei in cui mi ero divertito molto, fino a un certo punto. Ma i coglioni coglionano, che ci vuoi fà!

IL TUO PRIMO POST?

Una bella poesia d'amore che scrissi ispirato non ricordo più da quale delle mie passevoli muse. Mi innamoro come un imbecille senza mai un reale motivo (e non è queto uno dei volti dell'amore dispettoso? l'eclissi di ragione?) e alle volte solo per pochi minuti, come nel caso della giovane inglese dell'autobus di cui i ghin8 ricorderanno la descrizione. Forse però era per una ingegnerina. L'ultimo verso però era stato aggiunto solo un anno dopo i primi.

IL POST DI CUI TI VERGOGNI DI PIU’?

Boh, uno di quelli tipo diario del liceo. Ma parliamo d'altro, sai che ho trovato una teoria che avevo perduto tanti anni fa? Non sono affatto convinto della sicurezza della relatività einsteiniana, perchè non si spiega bene cosa accade al vettore velocità di un fascio di luce nel vuoto che incontri uno specchio. Non si capisce se lo specchio interferisce con la natura corpuscolare o con quella di onda della luce (del fotone) ma sospetto che abbia a che fare con ambedue.

IL POST DI CUI SEI PIU’ FIERO?

Forse quello su mio nonno. Mi ha chiamato mezza famiglia in lacrime per complimentarsi e volermi bene. Grazie grazie, anche io ve ne voglio.

PER QUANTO PENSI CHE CONTINUERAI A SCRIVERE SUL TUO BLOG?
Non so. A sprazzi credo ancora per molto, e molto dipende dai commentatori. Se tutti quelli che mi leggono lasciassero anche solo un saluto io sarei spronato, ma invece nulla. Se ne fottono. Sticazzi.

25.11.07

freewheeling

Ci sono comignoli ovunque in Inghilterra. Ed un sacco di pietre lunari in Islanda. Spiagge in Brasile, e cose di colore verde in Irlanda. Cosa c'è nello spazio? ci sono stelle e gas, ci sono moltissime strade lastricate di piccole lucine. Ci sono costellazioni stampate come disegni su un telo di seta e raso di notte, ci sono nuvole di panna alla menta che navigano in un acquario degli dei. Di notte si vede il carro, il carro della giustizia, il carro dei vincitori, lo conducono una statua di donna classica e un dio satiro celtico con le corna di caprone e la barba ispida, vanno in giro ad osservare e chissà di cosa parlano se poi parlano. Se invece ti sdrai sul cofano dell'auto vedi il riflesso della luna piena nel laghetto, e ti sembra un enorme calamaro che ghermisce le sponde. Potrebbe fare un baia di corallo bianco, in cui si potrebbero allevare cavallucci marini da diporto, già sellati per portare in giro i bagnanti, e con delle lampade notturne. Se alzi gli occhi verso il firmamento e fai una bella sorsata e un tiro profondo è facile che ti vien voglia di disegnare costellazioni tutte tue, o che ti perdi a percepire la profondità del cosmo, cercando una spirale di stelle, immaginandole sempre più lontane, sempre più visine, che pulsano. Quando magari nemmeno esistono più...Ci sono tutti i viaggiatori della galassia là in giro, ci sono i principi gelatinosi delle altre dimensioni, ci sono i nostri filosofi su nuvolette viola che portano pioggia, mentre elucubrano su cose che al loro tempo erano normali e a noi sembrano tremende. E allora quelle che a noi sembrano normali chi ci dice che non siano già squalificate nel fuuro? E se si dovesse scoprire fra trent'anni che il fumo non solo non fa male ma allunga la sopravvivenza della specie? Che presa in giro per alcuni, che sacrificio secondo Darwin! E se fra trent'anni si scopre che Einstein ha preso una cantonata abbastanza grossolana (come io credo) e l'energia non è uguale alla massa per il quadrato dell'accelerazione se non in pochissimi casi e quasi per accidente? Avevi sentito, cinque o sei anni fa, che la mia generazione potrebbe essere la prima a godere dell'immortalità medica? Che figata, saremmo i grandi vecchi, gli oligarchi, sempre profumati di incenso, con lunghe barbe bianche e occhi preoccupati e dolci. O rigidi e inquieti. Sarà poi vero? perchè se ho l'immortalità dinnanzi allora non mi affretto a leggere guerra e pace, preferisco topolino! Se guardi un po' nella brughiera c'è un cappello da cow boy che fa la posta, cerca un giaguaro nebuloso delle svalbard, una specie nuova che parla coi baffi. Non i suoi. Si rivolge, in un italiano molto cortese, solo ai mustacchi dei texani o dei pescatori di perle di Trepang. Un essere molto solo. Ed un solitario molto in essere. Non guardare il faro, non funziona granchè ed è tutto bianco e nero tranne quando passa la lampada rotta che illumina la via. Passa quella cioccolata, ed anche la canna. Dammi un altro sorso di whiskey. Avevi letto "porci con le ali"? o "le undicimila verghe"? niente di strano, a dodici anni è normale. Tutto è una piccola casa di palle di pelo rossiccio, in bilico su una pietra che canta nel mezzo di un bosco, piena di alambicchi per prove e racconti di sintesi, con una stanza da letto in legno brunito, con un grande camino in cui brucia sempre gelato al pistacchio, e la finestra si apre sulla valle e sul mare racchiuso da ghiacci e ghiaccioli, con una pelle di qualcosa sul letto, e delle moffine di spugna celeste. Un abitino grigio chiaro e dei pantaloni grigio scuro, una camicia perlacea ed una cravatta rossa. Il vapore che vien fuori dalla stanza da bagno, non disturbiamo, e sediamoci nella sala da tè, al tavolo con le bambole di cucùlo, pappagallo e martindieciossa, che l'isola è in pericolo, in pericolo di pesce. Di pesce, di pesce di pesce. Tju-ù! tju-ù...Suona un violino, c'è odore di sigaro e luci basse e un pianoforte è illuminato e vuoto, poi suona anche lui da solo una canzone che è una liana in una giungla buia e piena di tamburi e ombre con le braccia, e una lama che colpisce al chiaro di luna.

anyway the wind blows...

21.11.07

Dialogo immaginario di Sotto e del suo Collega preferito

Collega:
E se in certi momenti le parole non contassero nulla?

Sotto:
Io sono stato un fervido sostenitore del fatto che le parole possono molto, o almeno lo sono stato da quando "qualcuno" mi ha fatto sbattere con il muso contro un muro.

Collega:
Ma quanto possono essere anche sbagliate le parole?

Sotto:
Secondo me possono esserlo per diversi motivi, e cioè con dolo, ovvero quando consapevolmente vengono pronunciate parole che non rispecchiano la verità.

Collega:
Bugie le chiamano.

Sotto:
Poi possono essere sbagliate preterintenzionalmente, ovvero pronunciate con leggerezza e causa di reazioni maggiori di quelle che nell'intenzione si erano immaginate. Possono essere anche sbagliate per errore puro, cioè quando per incapacità non si è in grado di esplicare ciò che si vuole in una forma univocamente recepibile.

Collega:
E queste le chiamano incomprensioni

Sotto:
Stesso discorso è facile da mettere in piedi per le ricezioni delle parole, cioè le si possono travisare per scelta, oppure si può vedere in esse più di quel che vi sia stato inteso, e si può anche semplicemente non capirle.

Collega:
Tutto questo fa delle parole una bella Babele.

Sotto:
A proposito come si chiamano quando non erano volute con intenzione e "cogliendo l'occasione" sono state pronunciate?

Collega:
Affrettate?

Sotto:
E come si chiamano quando sono di altri che ci convincono?

Collega:
Incomplete?

Sotto:
Un casino, come si fa così?

Collega:
Si passa ai fatti, no?

Sotto:
Fantastico.

Collega:
Quindi quando le parole falliscono e i fatti non esistono allora rimane solo da guardare impotenti delle pulsioni e delle sensazioni che vanno allo sfascio. Certo ce ne si può anche fregare, ma la condizione non cambia, per le povere sensazioni, per le povere pulsioni. Loro non ossono fregarsene, possono solo crepare.

Sotto:
Che bellezza, collega.

18.11.07

Coming Back To Life


La canzone dei Pink Floyd tratta dall'album The Division Bell è da qualche anno uno dei pezzi che si ripropone saltuariamente. C'è in questa canzone un significato recondito per me solo oppure è un valido strumento per rendersi conto di certe sensazioni e domande che affiorano a tutti? O a molti? io non posso dirlo, ma confesso che la sento presente e viva in me in quegli attimi che seguono i vari final cut. Suole, dopo un taglio netto, esistere un delirio sconquassante che è sempre diverso, colpo dopo colpo. Ma vorrei spiegarmi un po' meglio. L'ultima parte della produzione pinkfloydiana assume ai miei occhi una grande valenza di insegnamenti sociali. Nel turbinio delle relazioni interpersonali infatti mi capita con una frequenza non trascurabile che pur con tutto l'affetto e la buona volontà si presentino situazioni di un taglio netto inesorabile e crudele, inspiegabili con la ragione di un solo uomo (la mia, cioè). Ed ecco dunque l'album The final cut, con la alta valenza del singolo omonimo. Il parallelismo coi pink floyd passa poi dalla fermata del momentary lapse of reason, segno di un momentaneo barlume di ragione, grazie al quale si ha la sensazione di aver superato il final cut e si impara a volare grazie alle lezioni di Learning to fly. Impressione abbastanza sbagliata perchè è ancora vero il dolore di Sorrow. L'inspiegabile altalena del sentimento però suggerisce una soluzione spuria, in questa fase; è Vinicio Capossela che dà l'analogia, non so quanto volontariamente, ma dopo periodi di giochi e festa, dopo allegria, grida, gioia, banchetti e sordidi momenti passionali rubati, la giostra di Zampanò tace. E allora se sei un malinconico clown che sente gli echi delle feste e in un barlume di momentanea ragione te ne rendi conto (ma soprattutto se sei un Signor Sottocolle) prima i Beatles ti consigliano di lasciare che sia, poi inevitabilmente è il turno di quello che a lungo è stato il tuo dio di salire in cattedra. Avendo pagato i propri debiti, volta dopo volta, essendosi sottoposti alla sentenza pur non avendo commesso alcun crimine, e per quel che riguarda i grossi errori... ne ho fatti pochi, ed ho avuto la mia parte di sabbia calciata in faccia, passando oltre... in questo caso è chiaro a chiunque che ho il pieno diritto di gridare almeno a me stesso che sono campione. Nessuno se ne abbia a male. E con tutta la lucida tranquillità della musica arriva finalmente il momento in cui David Gilmour canta le parole che senti così tue, ora che ogni rancore ha lasciato il tuo cuore, immagino un deserto (è solo immaginazione?) sotto di me, mentre solco il cielo blu a cavallo di un essere metà fortunadrago (ciao Prescia!) e metà arcobaleno, e poi una volta avvistato questo passato...



I took a heavenly ride through one silence


I knew the moment had arrived


For killing the past and coming back to life

6.11.07

Atene - Notte di Natale 1064 Parte III

Mi scoprii più assetato di quel che avrei voluto. Senza dubbio la lotta aveva contribuito ad eccitare i miei sensi, e mi resi conto di aver snudate le zanne ed estratto gli artigli, anche dopo essere ritornato in forma antropomorfa. L'odore del sangue e le grida strazianti che erano d'intorno mi tenevano ancora più sulla lama del rasoio, ancora poche sollecitazioni ed avrei senza dubbio ceduto alla furia devastatrice. Con una certa fatica mossi qualche lento passo sul sentiero polveroso rischiarato dalla luna e battuto dal vento, dirigendomi verso il porto, in discesa. La vidi su una piccola terrazza panoramica, appoggiata al parapetto niveo, trasognata ed assente figura eterea di candore egeo mentre a pochi passi da lei si consumava un banchetto infernale.

Era avvolta in un peplo ceruleo, i suoi capelli erano ricci e neri, raccolti sopra il capo. Solo qualche ciuffo rompeva la composizione architettonica che ricordava le basse colline pietrose dell'Attica, e tradiva il moto che doveva aver fatto per arrivare fin qui. Man mano che mi avvicinavo sentivo il profumo piccante della sua pelle giovane e pallida, e quando le fui accanto mi inebriai del dolce suo respiro prima di rimanere impietrito dal suo sguardo. Due smeraldi giganteschi sfavillavano cupi, e le palpebre sfuggenti all'insù erano pitturate di un rosa perlaceo, come le labbra tumide e piccole. Pareva annoiata, e purtuttavia conscia di quel che accadeva quella notte. La desiderai, e capii Cristo. E rividi il suo volto nel giardino dei Getsemani, mentre mi chinavo sul collo di Niche a dare un secondo bacio di Morte.

1.11.07

Atene - Notte di Natale 1064 Parte II

Ero ospite presso il Principe di Atene da poche notti, e non volevo comportarmi in maniera affrettata. Quella gente mi ha sempre messo una certa paura, quindi ero deciso ad osservare bene il comportamento altrui per decidere in base a quello entro quali limiti avrei potuto muovermi. Ero stanco di dare di matto e di non ragionare, un freno avrebbe senza dubbio aumentato le mie probabilità di sopravvivenza. Ed anche quelle di divertimento, stavo scoprendo in quel preciso istante, mentre le orbite dei miei occhi si aggrinzavano nella trasfigurazione del demone che ero, mentre i pugnali dissacranti che avevo fra i denti fremevano per la stessa ragione, mentre le dita delle mie mani si allungavano e si affilavano in artigli e mentre, infine, l'odore del sangue e del banchetto mi empiva le narici inebriandomi il pensiero.

Presi a muovermi più in fretta ma, non desiderando cedere completamente al delirium amaranthum, cercai di percepire con maggiore chiarezza i contorni delle prede, e le loro anime. Presi ad un tratto a correre facendo la spola fra un gruppo di ragazzi che si difendevano, illusi che non fosse anche quello un gioco senza speranza, ed un trittico di vampiri che sembravano glorificare una donna particolarmente avvenente, bevendola come si farebbe con un bicchiere di liquore da meditazione, ampi nei loro gesti, quasi mistici nel nutrimento notturno. A loro modo artistici. Ebbi ad un tratto l'impressione che qualcun altro avesse ideato il mio stesso percorso, perchè avevo percepito un paio di sibili che mi seguivano, oppure odori che mi precedevano. Qualcosa non mi era chiaro.

Accelerai il passo correndo sul colle come un giovane daino, senza meta, e di proposito puntando diritto verso il vuoto, per cercare conferma alle mie paranoie e, senza accorgermene fui proiettato in aria ed afferrato da un'ombra nerastra e vecchia come la Morte stessa. Sentii il gelo sulle mie braccia fredde, e scagliai un colpo dove credevo dovesse esserci una gola. Il mio colpo affondò nella nebbia che mi aveva in quel momento avvolto, e mi accorsi che minuscole goccioline di sangue lasciavano il mio corpo, da predatore mi ero tramutato in preda. Colto da rabbia per il pasto interrotto e terrore per la mia stessa non-vita al contempo scappai imprecando, mutandomi in un pipistrello grosso quanto la testa di una capra.

Librandomi in volo qualche metro più in alto da chi mi aveva assalito, commettendo il peggiore dei peccati che quelli come noi possono immaginare, mi accorsi anche che il colle era ormai un mattatoio umano sotto una luna che pareva prendere il colore empio del sangue. La nebbia divenne un grosso lupo scuro con occhi di brace ardenti, che ringhiava alla mia volta. Fu circondato dal fluido purpureo che il principe prima aveva mandato a sigillo del suo banchetto. Guaì, tentò di sprofondare nel terreno, poi divenne nebbia, infine pipistrello e fuggì, verso la luna, ad un tratto scomparendo perfino alla mia percezione. Devo far presto, mi dissi, se intendo tributare il giusto onore a questa luna.