18.10.07

Lebbra

All’incirca nel tempo n cui visse Gesù Cristo la lebbra era piuttosto diffusa. Almeno una corrente del credo popolare, se non l’intera popolazione, aveva la convinzione che essa colpisse i peccatori, coloro che commettevano inadempienze all’etica comune, rozzamente codificata dall’uomo del tempo, o addirittura di tempi addietro, e barbaramente imposta come legge divina. Tralasciando la codardia di chi scarica sul “divino” la responsabilità della propria crudeltà (ed in generale della propria nequizia) commettendo blasfemia, volgiamo l’attenzione alla vita dei lebbrosi. Fino ad un momento qualunque persone come ciascun’altra, alti, bassi, magri, grossi. Biondi e bruni, donne e uomini. Nessuna ragione apparentemente chiara per giustificare una malattia che ti macera le carni, che ti fa cadere le dita e la faccia, che ti manda in putrefazione il tuo corpo vivo mentre esso stesso è irrorato dalla stessa linfa che ad altri basta. Una differente reazione delle difese immunitarie, credo, da profano. O un batterio od un virus. Insomma, non di certo l’errore.
Oggi nelle nostre città è di certo raro, se non impossibile, incontrare qualcuno il cui corpo cada a pezzi.
Ma vogliamo parlare dell’anima?
Sia che ci sia un motivo che possa giustificare il disagio temporaneo accade spesso che le ferite al cuore, o alla fiducia, ed in generale ai sentimenti possano diventare sozze e avvelenate, perché non adeguatamente sciacquate, perché le convalescenze sono sottostimate, perché le ricadute sui tessuti fragili sono in agguato. E così ci ritroviamo lebbrosi nell’anima senza neppure sapere più perché ci fa male. E perdiamo pezzi di cuore per infezioni che non sono state capite, non sono state curate, non sono state diagnosticate. Ognuno di noi ha l’imperativo morale categorico di perseguire l’assenza di disagio, per sé stesso e per gli altri, per la porzione di responsabilità sociale che ereditiamo da questo mondo che, vuoi o non vuoi, è reale. Per paura o per vergogna ci chiudiamo nei nuovi ghetti e nei nuovi lebbrosari, cerchiamo solo la compagnia di chi “ci capisce” di chi “è come noi”. Mi pare un pulsione comprensibile, a patto di non indulgere troppo nella mollezza di spirito, perché un arto ferito dopo la convalescenza deve recuperare forza, va allenato, va tenuto sotto controllo. E come potrebbe essere diversamente per un tessuto così impalpabile come l’anima? Per uno scheletro così fragile come lo spirito? Sarà fragile il tuo, di spirito, mi rimprovereranno i cinici o gli infastiditi. Forse. Ma lascia che ti dica un’altra cosa, cinico, infastidito. Lascia che ti dica che se ti procurerai una piaga alla gamba essa verrà sciacquata, disinfettata, trattata, la sua infezione combattuta con i mezzi frutto di ricerche ormai secolari. Ma cosa farai quando ti cadrà un pezzo di cuore? Abbaierai contro l’ignoranza? Imprecherai contro chi ti vuol male? L’arresto di un accoltellatore non guarisce le ferite che il suo coltello ha causato. Ed in mancanza della possibilità di incontrare oggi Gesù o un altro guaritore miracoloso noi abbiamo il preciso compito di non espandere l’epidemia. Di accettare che l’espansione della lebbra dell’anima è in crescita. Di curare le ferite nostre e di lenire le sofferenze altrui. Di trovare se non rimedio almeno un argine.

13 commenti:

Prisma ha detto...

Le ferite dell'anima sono impalpabili eppure pulsano, con violenza, proprio quando crediamo di averle neutralizzate. Quando ci illudiamo che il tempo sia l'unica medicina.

Esiste una cura per i mali dell'anima? O solo dei placebo che ci permettono di non pensarci?

La musica ha su di me un effetto catartico. E se alle sette note ho la fortuna di abbinare la bellezza di un paesaggio, l'effetto si amplifica e una sensazione di armonia universale mi avvolge.

Inutili gli sforzi di chiudere queste emozioni a chiave per non farle più uscire... Per fortuna, dico io. Sarò così spinta a proseguire la ricerca e arricchirmi di nuove emozioni, senza restare ancorata a un passato che limiterebbe la mia conoscenza di me stessa e del mondo.

Anonimo ha detto...

Bel post: il seguito di "trascendi", dire. Piuttosto che di lebbra, per l'anima parlerei di cancrena, come avviene per gli arti che recano ferite infette, o rimati troppo a lungo esposti al gelo dell'inverno

Anna Maria ha detto...

Potrebbe essere come dici tu, ma io ho una visione un po' diversa. Credo che non ci sia lebbra per le anime ma solo un grande smarrimento. Secondo me ciascuno di noi ha una sua indole, e può smarrirla per un periodo ma poi torna in superficie. Sia un' indole cattiva sia una buona.

Sotto ha detto...

@Museum
non so se ci sono dei rimedi o dei placebo, fatto sta che alcune cose si superano mentre altre che magari sono anche più piccole si fa fatica a dimenticarle, oppure ci cambiano proprio. Questo mi fa pensare che in generale la guarigione è possibile sempre, tutto sta nel riuscire a trovare la via, la chiave. Il tuo è un atteggiamento coraggioso, quello di fronteggiare a viso aperto le emozioni, complimenti!

@e.
grazie. Lebbra invece è proprio quel che intendo, perchè volevo considerare ogni cosa secondo una base comune, e non come singoli eventi.

@Anna:
che dire? è vero, può darsi. In fondo forse sono un po' pessimistico, e la tua visione allevia la pena e l'angoscia. Ma così non mi spiego tutti quelli che a seguito di delusioni cambiano e si modificano.

Anonimo ha detto...

Ciao Sotto.
Questo post è notevole, ti faccio i soliti noiosi complimenti :-)
Mi fa riflettere, in particolar modo quando parli di "imperativo morale categorico di perseguire l'assenza di disagio (...)per la porzione di responsabilità sociale che ereditiamo."
Al di là del fatto che quanto si sta bene senza star male l'ho capito da molto poco tempo, la responsabilità sociale di ciascun individuo è un valore in cui anche io credo moltissimo. E leggere che questo sentire è condiviso, scalda il cuore. E infonde un po' di coraggio in più, per continuare a credere nella forza del bene.
Banalotta, eh? Ma sì, preferisco banale ma serena...almeno per un po'!
Ciao ciao!

Sotto ha detto...

Che belle parole Vera, ti ringrazio! anche per me sentire che le mie parole non cadono nel vuoto è un sollievo.

Anna Maria ha detto...

Sono una di quelle persone che come dici tu a seguito di delusioni cambiano e si modificano, ma a cambiare sono gli atteggiamenti, mentre dentro una parte si assopisce e aspetta solo di risvegliarsi.
Mi è già capitato.

Poi, magari non siamo tutti uguali, e per altri è differente.

peppa ha detto...

io a seguito di delusioni varie mi impongo di cambiare....
il mio cambiamento dura cirva mezza giornata....
nel senso che magari all'esterno posso sembrare diversa....più dura...più fredda....ma in fondo sono e rimango sempre la stessa....
vedremo....
;)
notte carissimo!!

Sotto ha detto...

Bè, pensare che sia già in noi la "redenzione" è almeno una cosa confortante!!!

peppa ha detto...

salutino veloce di buona domenica di pioggia....
kiss...

Sotto ha detto...

Guarda, non sai quanto è gradito, che sono giù-issimo fino almeno a stasera. Infatti mi sto scofanando una crema al cioccolato fondente usando sfoglie di cioccolato fondente come cucchiaini...

:)

daniela ha detto...

La lebbra dell'anima si vede... se si sa guardare. E' terribile e contagiosa, più di quella del corpo.
Bisogna un pò vaccinarsi prima, un pò cautelarsi dopo. Si impara, se si vuole imparare.

Sotto ha detto...

proprio vero