27.12.07

Impegno ed animo leggero

Pensavo oggi che senza tappeto volante sono costretto a far di fretta. Cioè, no. Non di fretta, ma rapidamente. Se mi incammino per raggiungere una meta, e questa è distante, allora è naturale che io cerchi di allungare il passo per quanto mi consentono le mie non eccelse leve, ma posso adeguare la velocità grazie all'aumento della frequenza dei passi. Insomma, mi metto non già a passeggiare ma quasi a marciare. In effetti pare sia una buona abitudine camminare di buon passo, ed ormai anche quando non ho fretta particolare quasi corro.

Non ho molta voglia di mettermi ad elucubrare, perchè in sostanza mi sono esaurito, mi annoio subito di arrovogliarmi la mente, mi secco di sentire storie che non hanno niente di nuovo e mi tediano a morte.

Però forse in questa cosa del buon passo un leggero point to point si può accettarlo, no? E non è che sia poi un insegnamento astruso o arroccato in chissà quale parabola! A buon intenditor... cioè me stesso...

Ormai non mi piace più, o forse non mi piace per ora, di organizzare eventi, curare logistica degli incontri, trovare divertimenti, preparare cenette e tutto per gli amici. Mi dispiace per i miei amici, ma tanto so che mi vogliono bene lo stesso (anzi alcuni pure di più se la smetto di rompere). Ferma restando l'immancabile fagiolata dell'epifania devo però trovare come riempire gli stomaci della biennale maratona del signore degli anelli, al riguardo si accettano consigli.

Davvero, vorrei scrivere qualcosa, ma mi scoccia pensare! Favolosi quei fiori di Bach! Va bè, allora saluto le mie uniche commentatrici: Inenarrabile, Prescia, Daniela e MusEum. E saluto pure chi legge e non commenta mai. Ciao ragazzi, buona serata!

26.12.07

Bridge



Sorto l'astro d'oro scendiamo giù a Sabbiaterra

Ebbri di venti e brine, Aladino, guardiam le rocce:

Le favole dei bimbi narrano che giace qui un anello

Di fiamma, di oricalco e di lava che cade a gocce.

Con animo allegro e vivo sogniamo questo gioiello

Simbolo d'altra vita, lontano da ansia e guerra.


23.12.07

Alba

S'accende all'orizzonte un tenue baglior di giorno
Seguiamolo, Aladino, non voglio ancor far ritorno.
Se tremi in queste ore di freddo mattutino
Resisti, questo è vero, entusiasta del pensiero
Per la luce che intravvedi: promette un giorno caldo
Così trattieni il fremito e dai le spalle al nero
Della notte che lasci, mentre il core si fa saldo.
Ti spinge anche a cantare per salutare il sole
Lui unico poeta d'un nuovo giorno araldo!

Ecco che forse sorge, seguendo quei rai dorati
Da mille barbagli annunciato, nei giorni passati.
T'assale la certezza che lo farà anche domani
E mentre tu lo vedi solo un pochino prima
Comodo sul tappeto, il mento hai fra le mani
E pensi ad un viso candido, interminabil rima
Di ogni altro verso quel viso è il paragone.
Và, cuorepensiero, abbeverati a quella fonte
Che dagl'inferi alla vita va contrario a Caronte.

22.12.07

Canto I

Salire sulle stelle in un cielo blu cobalto
Su un refolo di vento spiccare un altro salto;
Girare poi lo sguardo altrove fra i suoi raggi
Di sole, vita ed aria, fra i campi e gli alti faggi.

Scegliere a quel punto un corridoio pulsante
Rinascita del cuore, non sono più un infante
Che strilli nella culla fra braccia bianche amate
Stretto da mille baci di madri innamorate.

S'alza ancor di più il tappeto mio volante
Mi porta sulle tende del popolo mercante
E come se fosse amico della notte e del Dio
Adesso è lui che sceglie, non decido mica io!

Ecco che dunque guida il nostro volo nel deserto
Schivate le fredde dune, di magia s'apre il concerto
Per Aladino ignaro che il suo avvenire è luce
Di lampade e leggende, dell'avventura è duce.

Buonanotte, stellamusa, che dorma o che sia desta
La fiaba non finisce, nè ha termine la festa
Che guidi nel mio cuore, lontana oppur vicina
Tu, stella luminosa, Tu dolce e sbarazzina.

14.12.07

Malinconia e fracasso







Forte era il vento ed il mare increspato
Nel cielo di piombo un gabbiano librato;
L’aria era umida e sapeva di terra smossa
Dall’albero secco, dalle sue radici d’ossa.
Un pony calpestava sempre lo stesso cerchio
Un percorso che farà finchè non sarà vecchio,
Prendeva caramelle annusandomi la mano.
Dove vanno i bei ricordi quando non affiorano
In quella parte di presente che balla sul petto?
Dove vanno i pensieri che scivolano dal letto?
In quale memoria si annidano, e vanno a riposare
Quelle belle vite vissute da altri noi
Quelle sensazioni che non solgono sostare
Incatenate da spettrali “prima o poi”
In un tempo che non deve mai più essere presente?
Finito il futuro ecco cosa sono: sono niente.
Io no, io mi rivolto, io sciocco consapevole
Mi prendo la mia colpa e me la porto a spasso
Sorrido almeno alle mie muse benevole
E tanto per gradire faccio pure un gran fracasso.
Mi spello le mani dal tanto applaudire
Se solo appena sento una cicala frinire,
Schiocco la lingua ed incito se posso
E se non posso … gettatemi nel fosso.






l'immagine ancora una volta non è mia, ma rappresenta una maschera di capitan fracasso, da commediabyfava

13.12.07

Falena


C’è una luce, lì voli. Che sia azzurra
O vermiglia non suoli vedere,
che sia verde, che bisbiglia,
una luce fragorosa. Ma di notte,
questo è quanto; che sia sola oppure no
una sola è la prescelta, per il battito
d’un tempo che scandiscon le tue ali
universo è quella luce, metonimia
d’esistenza, futuristica antenata.
Dalle tenebre ti stana, e non pensi
Di sbagliare, solo corri, scappi voli
Perché luce è un transitorio. Che
Bloccate le lancette ogni vita è come te
Dalla notte, nella notte, al bagliore
D’una luce noi proviamo ad arrivare
Solo scampo d’altrimenti in poche ombre
Svolazzare.

l'illustrazione non è ovviamente mia, ma di Brian Froud

10.12.07

Talamo e amicizia

Da quando ero piccolo ho sempre avuto diverse amiche. Le prime due, a dirla tutta, sono ancora presenti ed in maniera molto importante nella mia vita, anche se una arriva sempre in ritardo. Ma siamo cresciuti insieme, abbiam fatto insieme le vacanze, le serate, passato insieme le delicate tempeste delle primavere sentimentali, affrontato perdite anche più gravi, momenti pericolosi, gioie, vittorie. Quando mi innamorai di Barbara (come tutta la classe) in terza media diventai il suo migliore amico, e successivamente Letizia fu la mia migliore amica per lunghi lunghissimi anni. Ero ben felice della bellissima amicizia che mi legava a Barbara, della quale avevo il coforto, l'allegria, la confidenza. Leggevamo insieme poesie e scemenze, ridevamo felici e complici, le voglio a tutt'oggi un gran bene, anche se non la vedo da anni. Avrei voluto stare con lei, ma diciamo la verità: sarebbe cambiato poi così tanto? a tredici anni? Non saprei. Mentre invece non ho mai desiderato Letizia, pur molto graziosa, soddisfatto della sola amicizia. Non so se era lo stesso per lei. Tante volte mi sono chiesto se la mia amicizia con Teresa non valicasse negli anni del liceo la soglia dell'amicizia, perchè tante volte ho percepito una frizzante sensazione nell'aria, nonostante io avessi altre ragazze, e lei altri ragazzi. Lo stesso dicasi per un paio (almeno) di situazioni successive, antecedenti o contemporanee.
Poi ultimamente le cose si sono molto complicate. Discorrendo uno degli amabili discorsi (quanto mi piace l'accusativo dell'oggetto interno!) che solgono sorgere notturni con quel prodigio dell'empatia che è la mia bellissima Roberta abbiamo toccato un punto su cui siamo stati prima in disaccordo, poi in disaccordo opposto, ed infine concordi. Eravamo partiti da altri lidi, ma in sostanza l'acmè del discorso è stato questo: dopo tante esperienze che ciascuno ha avuto, e dopo tante esperienze condivise fra amici di sesso opposto, che abbiano un'amicizia sincera e disinteressata, che siano in salute e gradiscano vicendevolmente la propria compagnia, non è assurdo che si abbiano insieme anche delle esperienze di talamo. Se questo accada per sublimazione dell'amicizia che si tramuta in amore? può darsi, ma è più probabile di no. Ed allora è tanto grave? è disonorevole? Abbiamo concordato che è una domanda comune, e che sono delle imposizioni infantili di una società obsoleta che frenano il vivere la fisicità di una bella amicizia agghindandola, se è il caso, anche di una bella mattinata l'una fra le braccia dell'altro.

6.12.07

Uno spettro si aggira per la vita...

Ed è lo spettro del comunismo del sentimento. La definizione non è del tutto mia, anzi. Si tratta di un'intuizione di Alain de Botton. Lasciando perdere connotazioni politiche che non si confanno al tema preferisco spiegare quel che ho inteso io di questo bizzarro fenomeno. Sarà capitato a tutti di avere almeno un'amica speciale, oppure a tutte di avere un amico speciale. Si verifica nello storico del pensiero di questo sentimento che c'è una tale attrazione empatica che si è profondamente grati ad un benevolo dio superno dell'esistenza di un tale dono, un essere di sesso diverso che ci capisce e con cui si ride e si scherza e si mangia e si va fuori e si parla di ogni cosa senza remora. L'inevitabile beffa del destino (ma non è il destino, è un momento di debolezza mentale, unicamente nostra responsabilità) avviene allorquando chi alloggia tale bel sentimento a cavallo fra cuore anima e pensiero si chiede, in un deprecabile atto di ostinata infantile insicurezza: "ma che ci troverà questo magnifico essere così ammantato di luce e sapere e divino profumo in un povero miserrimo niente affatto meritevole bacarospo come me?".


Inevitabile che i colori del dipinto in cui si viveva fino ad un istante prima assumano in quel preciso frangente temporale una cupezza buia, che l'aria fino a quel momento fresca che si respirava a quel pensiero diventi fetida e polverosa, che il cielo da celeste e punteggiato di pecorelle saponose e allegre diventi plumbeo di nubi temporalesche. Saper dare una spiegazione soddisfacente a questo fenomeno è un livello di conoscenza che non è dato svelare, e quindi e perciò non ne so nulla, ma opino. Opino che la delusione (non per forza giustificata dai fatti, magari vera solo in una cosiddetta MM) colga lo spirito impreparato con la sua arma peggiore, ovverosia la sensazione di sprofondare nell'abisso, la vertigine dell'errore e della fallibilità del tutto assume per lo sventurato (la sventurata) la connotazione assoluta di TUTTO, QUI, ORA. Tutto, qui, ora è errore. Tutto, qui, ora è sbagliato.


Cosa succede allora? la comune osservazione della natura umana ci viene in aiuto, perchè le cose non avvengono più nel buio del pube mentale dell'assalito, ma veri e propri atti di distruzione di massa sono quelli che seguono. Una furia cieca e inarrestabile anima l'esaltato/a (perchè solo esaltato/a può essere una persona che vive una simpatia con la devozione di Giovanna D'Arco) a questo punto, e nulla lo fermerà finchè non avrà fatto macerie, sottili e volatili polveri di quel che era stato precedentemente costruito, fosse una casetta sull'albero, un giardino fatato oppure un barcone fluviale. Niente ne resti, insozzato va il ricordo, avvelenato il passato, al grido di "il mio Io lo vuole!". Dove c'era bugia nasce fuoco sacro che tutto consuma ed ogni ricordo monda, dove bugia invece non c'era allora ce la si piazza a dovere. Poi la si fa esplodere ed ecco di nuovo il fuoco sacro. Insomma dopo poco è un'ecatombe.


Ora, i più vivaci potranno sicuramente domandarsi: Ma non è possibile arrestare questo sfacelo? Chi vi parla non ha una risposta certa; in alcuni casi la ragione viene in aiuto, o magari certe circostanze attenuano parzialmente la furia. Ma in generale chi ha l'idea di poter arrivare a far parte di una cosa utopicamente magnifica tende nella maggior parte dei casi a non essere più interessato nel momento in cui si accorge che nell'utopia viene accettata gente che del sogno non faceva parte già prima, e questa cosa sembra fare impazzire il candidato (la candidata, che speriamo non lo sia in senso medico). Però è ormai chiaro che lo spettro è facilmente riconoscibile, è quello che anima di immanente dedizione una persona nei vostri riguardi appena dopo soli pochi incontri. Da allora siete in pericolo. Dovrete performare ogni cosa con la perfezione di Dio oppure scatenerete le demoniache insicurezze dell'esaltato, che pian piano si tramuterà esso stesso in demone e devasterà tutto quello su cui ha messo mano.


Ok, volevo parlare dell'amicizia fra uomo e donna che sconfina nel talamo (in effetti suo terreno prevosto) ed ho parlato (e pirlato) di ben altro. Ed ora un'altra bella foto, che risponde perfettamente a quanto detto sopra. La risposta, amico mio, la soffia il vento, è dentro di te e però


è SBAGLIATA!





5.12.07

Aspettando domani

Volevo fare un post. Ma non ho tempo. Quindi mentre aspetto di avere magari un po' più di tempo posto una foto. In pratica un monito su come sono le cose nella realtà, casomai dovessi scordarmelo.


30.11.07

Amici!

Potrei parlare per esempio dell'amicizia. Fa parte dei tre grandi valori sociali e delle tre grandi categorie di relazioni umane non professionali, Amicizia, Amore, Famiglia. Ok che si prova amore per gli amici e per la famiglia, ma qui per amore si intende quella relazione che lega biunivocamente (generalmente) due persone che fanno sesso. In ambo i casi si doveva parlare di amicizia. Di queste tre categorie è quella che in fin dei conti ho meglio esplorata, sia per mia attitudine che per occasioni della vita. E il mio primo "migliore amico" era Francesco detto Pattetto, che ho mandato in ospedale e poi un mese a pane e acqua per un pugno nello stomaco a sei anni. Da allora le cose sono migliorate, confesso, e ho avuto belle amicizie che poi sono evaporate in maniera naturale (come per esempio Teresa oppure Nino) dovendo ciascuno di noi proseguire per strade diverse. Altre volte poi amicizie che parevano eterne ed indissolubili sono fragorosamente crollate (Paolo, Letizia). Certe poi rimangono ancora salde dopo ormai oltre 25 anni, attraverso grandi litigi ed insulti, momenti (rari, veramente) in cui si sta a distanza. Marta, Jolanda. Poi ci sono gli amici di una vita, quelli che sono amici veri, che vengono dal liceo, che hanno la mamma maiala, il babbo becco e il nonno impotente, che ci fai un viaggio e arrivate senza dubbio alle mani o per lo meno al sangue agli occhi per quanto vi incazzate l'uno con l'altro, che uscite la sera e vi state sui coglioni per come state portando avanti un esame, una relazione, per come non avete passato la palla, ma purtuttavia vi spalleggiate, ascoltate le lastime e le lamentele che il vostro amico ha da fare nei momenti lagnosi, vi sorbite le sfuriate quando qualcuno (qualcun altro) rompe le palle. Manco a dire che ci si passa un libro o una canzone, il solo pensiero è un'onta mirabolante! Mi fanno schifo i tuoi libri, saitta di merda, che dio ti fulmini! ma che cazzo di musica senti romeo, squilibrato testa di minchia! basta musioni montalbano, ebasta! ebasta! ce l'hai fatto a maccherone! Intorno a questo trespito cresce una vigna di altri personaggi, amici stagionali, da cui poi volta per volta nascono nuovi alberelli, oppure mal che vada si fa un buon raccolto ed una bella bevuta (sempre lì si finisce). Crescono nell'orto i vari alberelli spontanei che si appoggiano a quelli più solidi, oppure muoiono, e man mano che il tempo passa, con le giuste accortezze, se la pianta è forte ed accetta il terreno ecco che spuntano nuovi giovani amici, già di un'amicizia matura perchè si sa bene come nutrire il pollone. Spuntano i Masoni, i Franz, i Valeri e i Roberti, spuntano gli Antolli, le amiche-femmine, qualcuna più amica qualcuna più femmina, e ci si scambia i libri, si discutono i grandi temi della vita, si usa cortesia per il gusto di esser gentili, si accetta la generosità per il gusto di ricevere doni. Ci sono da qualche parte le amicizie oligarchiche, quelle che raggiungono, a dispetto delle differenze di età e trascorsi di vita, un livello di profondità abissale, che scavano nel profondo dell'anima, che sono legami di cui siamo avidi e gelosi, perchè amicizie d'intelletto, su un livello parallelo di sapere, discernere ed esternare, sono amicizie alle queli ci si autoeduca, che portano grandi sollievi e che raramente hanno però il coraggio di sortire alla luce, per chissà quale ragione. Io mi immagino come una congrega di saggi in una caverna, tutti con le barbe lunghe e bianche, anche le donne, tutti con la tonaca nivea, tutti ricettacolo di un sapere trasceso.
Mi dispiace per quelle torri crollate, mi dispiace quando le cose vanno a piobo giù senza che nessuno lo voglia, ma perchè manca uno sforzo comune per affrontare il nuovo. Mah, chissà con chi sto parlando, chissà.

29.11.07

Meme 5

CHI O COSA TI HA SPINTO A CREARE UN BLOG?

Eh! va di moda, scrivo un po' ovunque, ma devo dire che qui sul blog con un successo abbastanza scarso. Volevo condividere delle sensazioni principalmente con i miei tanti amici che stanno lontani e che vedo poco, quelle sensazioni e discussioni che non si possono fare in chat. Ma vengo bellamente snobbato in questo nobile proposito, così ogni tanto perdo voglia e ispirazione. Perchè se non parlo con nessuno che parlo a fare? E poi ne aveva fatto uno il Dijjei in cui mi ero divertito molto, fino a un certo punto. Ma i coglioni coglionano, che ci vuoi fà!

IL TUO PRIMO POST?

Una bella poesia d'amore che scrissi ispirato non ricordo più da quale delle mie passevoli muse. Mi innamoro come un imbecille senza mai un reale motivo (e non è queto uno dei volti dell'amore dispettoso? l'eclissi di ragione?) e alle volte solo per pochi minuti, come nel caso della giovane inglese dell'autobus di cui i ghin8 ricorderanno la descrizione. Forse però era per una ingegnerina. L'ultimo verso però era stato aggiunto solo un anno dopo i primi.

IL POST DI CUI TI VERGOGNI DI PIU’?

Boh, uno di quelli tipo diario del liceo. Ma parliamo d'altro, sai che ho trovato una teoria che avevo perduto tanti anni fa? Non sono affatto convinto della sicurezza della relatività einsteiniana, perchè non si spiega bene cosa accade al vettore velocità di un fascio di luce nel vuoto che incontri uno specchio. Non si capisce se lo specchio interferisce con la natura corpuscolare o con quella di onda della luce (del fotone) ma sospetto che abbia a che fare con ambedue.

IL POST DI CUI SEI PIU’ FIERO?

Forse quello su mio nonno. Mi ha chiamato mezza famiglia in lacrime per complimentarsi e volermi bene. Grazie grazie, anche io ve ne voglio.

PER QUANTO PENSI CHE CONTINUERAI A SCRIVERE SUL TUO BLOG?
Non so. A sprazzi credo ancora per molto, e molto dipende dai commentatori. Se tutti quelli che mi leggono lasciassero anche solo un saluto io sarei spronato, ma invece nulla. Se ne fottono. Sticazzi.

25.11.07

freewheeling

Ci sono comignoli ovunque in Inghilterra. Ed un sacco di pietre lunari in Islanda. Spiagge in Brasile, e cose di colore verde in Irlanda. Cosa c'è nello spazio? ci sono stelle e gas, ci sono moltissime strade lastricate di piccole lucine. Ci sono costellazioni stampate come disegni su un telo di seta e raso di notte, ci sono nuvole di panna alla menta che navigano in un acquario degli dei. Di notte si vede il carro, il carro della giustizia, il carro dei vincitori, lo conducono una statua di donna classica e un dio satiro celtico con le corna di caprone e la barba ispida, vanno in giro ad osservare e chissà di cosa parlano se poi parlano. Se invece ti sdrai sul cofano dell'auto vedi il riflesso della luna piena nel laghetto, e ti sembra un enorme calamaro che ghermisce le sponde. Potrebbe fare un baia di corallo bianco, in cui si potrebbero allevare cavallucci marini da diporto, già sellati per portare in giro i bagnanti, e con delle lampade notturne. Se alzi gli occhi verso il firmamento e fai una bella sorsata e un tiro profondo è facile che ti vien voglia di disegnare costellazioni tutte tue, o che ti perdi a percepire la profondità del cosmo, cercando una spirale di stelle, immaginandole sempre più lontane, sempre più visine, che pulsano. Quando magari nemmeno esistono più...Ci sono tutti i viaggiatori della galassia là in giro, ci sono i principi gelatinosi delle altre dimensioni, ci sono i nostri filosofi su nuvolette viola che portano pioggia, mentre elucubrano su cose che al loro tempo erano normali e a noi sembrano tremende. E allora quelle che a noi sembrano normali chi ci dice che non siano già squalificate nel fuuro? E se si dovesse scoprire fra trent'anni che il fumo non solo non fa male ma allunga la sopravvivenza della specie? Che presa in giro per alcuni, che sacrificio secondo Darwin! E se fra trent'anni si scopre che Einstein ha preso una cantonata abbastanza grossolana (come io credo) e l'energia non è uguale alla massa per il quadrato dell'accelerazione se non in pochissimi casi e quasi per accidente? Avevi sentito, cinque o sei anni fa, che la mia generazione potrebbe essere la prima a godere dell'immortalità medica? Che figata, saremmo i grandi vecchi, gli oligarchi, sempre profumati di incenso, con lunghe barbe bianche e occhi preoccupati e dolci. O rigidi e inquieti. Sarà poi vero? perchè se ho l'immortalità dinnanzi allora non mi affretto a leggere guerra e pace, preferisco topolino! Se guardi un po' nella brughiera c'è un cappello da cow boy che fa la posta, cerca un giaguaro nebuloso delle svalbard, una specie nuova che parla coi baffi. Non i suoi. Si rivolge, in un italiano molto cortese, solo ai mustacchi dei texani o dei pescatori di perle di Trepang. Un essere molto solo. Ed un solitario molto in essere. Non guardare il faro, non funziona granchè ed è tutto bianco e nero tranne quando passa la lampada rotta che illumina la via. Passa quella cioccolata, ed anche la canna. Dammi un altro sorso di whiskey. Avevi letto "porci con le ali"? o "le undicimila verghe"? niente di strano, a dodici anni è normale. Tutto è una piccola casa di palle di pelo rossiccio, in bilico su una pietra che canta nel mezzo di un bosco, piena di alambicchi per prove e racconti di sintesi, con una stanza da letto in legno brunito, con un grande camino in cui brucia sempre gelato al pistacchio, e la finestra si apre sulla valle e sul mare racchiuso da ghiacci e ghiaccioli, con una pelle di qualcosa sul letto, e delle moffine di spugna celeste. Un abitino grigio chiaro e dei pantaloni grigio scuro, una camicia perlacea ed una cravatta rossa. Il vapore che vien fuori dalla stanza da bagno, non disturbiamo, e sediamoci nella sala da tè, al tavolo con le bambole di cucùlo, pappagallo e martindieciossa, che l'isola è in pericolo, in pericolo di pesce. Di pesce, di pesce di pesce. Tju-ù! tju-ù...Suona un violino, c'è odore di sigaro e luci basse e un pianoforte è illuminato e vuoto, poi suona anche lui da solo una canzone che è una liana in una giungla buia e piena di tamburi e ombre con le braccia, e una lama che colpisce al chiaro di luna.

anyway the wind blows...

21.11.07

Dialogo immaginario di Sotto e del suo Collega preferito

Collega:
E se in certi momenti le parole non contassero nulla?

Sotto:
Io sono stato un fervido sostenitore del fatto che le parole possono molto, o almeno lo sono stato da quando "qualcuno" mi ha fatto sbattere con il muso contro un muro.

Collega:
Ma quanto possono essere anche sbagliate le parole?

Sotto:
Secondo me possono esserlo per diversi motivi, e cioè con dolo, ovvero quando consapevolmente vengono pronunciate parole che non rispecchiano la verità.

Collega:
Bugie le chiamano.

Sotto:
Poi possono essere sbagliate preterintenzionalmente, ovvero pronunciate con leggerezza e causa di reazioni maggiori di quelle che nell'intenzione si erano immaginate. Possono essere anche sbagliate per errore puro, cioè quando per incapacità non si è in grado di esplicare ciò che si vuole in una forma univocamente recepibile.

Collega:
E queste le chiamano incomprensioni

Sotto:
Stesso discorso è facile da mettere in piedi per le ricezioni delle parole, cioè le si possono travisare per scelta, oppure si può vedere in esse più di quel che vi sia stato inteso, e si può anche semplicemente non capirle.

Collega:
Tutto questo fa delle parole una bella Babele.

Sotto:
A proposito come si chiamano quando non erano volute con intenzione e "cogliendo l'occasione" sono state pronunciate?

Collega:
Affrettate?

Sotto:
E come si chiamano quando sono di altri che ci convincono?

Collega:
Incomplete?

Sotto:
Un casino, come si fa così?

Collega:
Si passa ai fatti, no?

Sotto:
Fantastico.

Collega:
Quindi quando le parole falliscono e i fatti non esistono allora rimane solo da guardare impotenti delle pulsioni e delle sensazioni che vanno allo sfascio. Certo ce ne si può anche fregare, ma la condizione non cambia, per le povere sensazioni, per le povere pulsioni. Loro non ossono fregarsene, possono solo crepare.

Sotto:
Che bellezza, collega.

18.11.07

Coming Back To Life


La canzone dei Pink Floyd tratta dall'album The Division Bell è da qualche anno uno dei pezzi che si ripropone saltuariamente. C'è in questa canzone un significato recondito per me solo oppure è un valido strumento per rendersi conto di certe sensazioni e domande che affiorano a tutti? O a molti? io non posso dirlo, ma confesso che la sento presente e viva in me in quegli attimi che seguono i vari final cut. Suole, dopo un taglio netto, esistere un delirio sconquassante che è sempre diverso, colpo dopo colpo. Ma vorrei spiegarmi un po' meglio. L'ultima parte della produzione pinkfloydiana assume ai miei occhi una grande valenza di insegnamenti sociali. Nel turbinio delle relazioni interpersonali infatti mi capita con una frequenza non trascurabile che pur con tutto l'affetto e la buona volontà si presentino situazioni di un taglio netto inesorabile e crudele, inspiegabili con la ragione di un solo uomo (la mia, cioè). Ed ecco dunque l'album The final cut, con la alta valenza del singolo omonimo. Il parallelismo coi pink floyd passa poi dalla fermata del momentary lapse of reason, segno di un momentaneo barlume di ragione, grazie al quale si ha la sensazione di aver superato il final cut e si impara a volare grazie alle lezioni di Learning to fly. Impressione abbastanza sbagliata perchè è ancora vero il dolore di Sorrow. L'inspiegabile altalena del sentimento però suggerisce una soluzione spuria, in questa fase; è Vinicio Capossela che dà l'analogia, non so quanto volontariamente, ma dopo periodi di giochi e festa, dopo allegria, grida, gioia, banchetti e sordidi momenti passionali rubati, la giostra di Zampanò tace. E allora se sei un malinconico clown che sente gli echi delle feste e in un barlume di momentanea ragione te ne rendi conto (ma soprattutto se sei un Signor Sottocolle) prima i Beatles ti consigliano di lasciare che sia, poi inevitabilmente è il turno di quello che a lungo è stato il tuo dio di salire in cattedra. Avendo pagato i propri debiti, volta dopo volta, essendosi sottoposti alla sentenza pur non avendo commesso alcun crimine, e per quel che riguarda i grossi errori... ne ho fatti pochi, ed ho avuto la mia parte di sabbia calciata in faccia, passando oltre... in questo caso è chiaro a chiunque che ho il pieno diritto di gridare almeno a me stesso che sono campione. Nessuno se ne abbia a male. E con tutta la lucida tranquillità della musica arriva finalmente il momento in cui David Gilmour canta le parole che senti così tue, ora che ogni rancore ha lasciato il tuo cuore, immagino un deserto (è solo immaginazione?) sotto di me, mentre solco il cielo blu a cavallo di un essere metà fortunadrago (ciao Prescia!) e metà arcobaleno, e poi una volta avvistato questo passato...



I took a heavenly ride through one silence


I knew the moment had arrived


For killing the past and coming back to life

6.11.07

Atene - Notte di Natale 1064 Parte III

Mi scoprii più assetato di quel che avrei voluto. Senza dubbio la lotta aveva contribuito ad eccitare i miei sensi, e mi resi conto di aver snudate le zanne ed estratto gli artigli, anche dopo essere ritornato in forma antropomorfa. L'odore del sangue e le grida strazianti che erano d'intorno mi tenevano ancora più sulla lama del rasoio, ancora poche sollecitazioni ed avrei senza dubbio ceduto alla furia devastatrice. Con una certa fatica mossi qualche lento passo sul sentiero polveroso rischiarato dalla luna e battuto dal vento, dirigendomi verso il porto, in discesa. La vidi su una piccola terrazza panoramica, appoggiata al parapetto niveo, trasognata ed assente figura eterea di candore egeo mentre a pochi passi da lei si consumava un banchetto infernale.

Era avvolta in un peplo ceruleo, i suoi capelli erano ricci e neri, raccolti sopra il capo. Solo qualche ciuffo rompeva la composizione architettonica che ricordava le basse colline pietrose dell'Attica, e tradiva il moto che doveva aver fatto per arrivare fin qui. Man mano che mi avvicinavo sentivo il profumo piccante della sua pelle giovane e pallida, e quando le fui accanto mi inebriai del dolce suo respiro prima di rimanere impietrito dal suo sguardo. Due smeraldi giganteschi sfavillavano cupi, e le palpebre sfuggenti all'insù erano pitturate di un rosa perlaceo, come le labbra tumide e piccole. Pareva annoiata, e purtuttavia conscia di quel che accadeva quella notte. La desiderai, e capii Cristo. E rividi il suo volto nel giardino dei Getsemani, mentre mi chinavo sul collo di Niche a dare un secondo bacio di Morte.

1.11.07

Atene - Notte di Natale 1064 Parte II

Ero ospite presso il Principe di Atene da poche notti, e non volevo comportarmi in maniera affrettata. Quella gente mi ha sempre messo una certa paura, quindi ero deciso ad osservare bene il comportamento altrui per decidere in base a quello entro quali limiti avrei potuto muovermi. Ero stanco di dare di matto e di non ragionare, un freno avrebbe senza dubbio aumentato le mie probabilità di sopravvivenza. Ed anche quelle di divertimento, stavo scoprendo in quel preciso istante, mentre le orbite dei miei occhi si aggrinzavano nella trasfigurazione del demone che ero, mentre i pugnali dissacranti che avevo fra i denti fremevano per la stessa ragione, mentre le dita delle mie mani si allungavano e si affilavano in artigli e mentre, infine, l'odore del sangue e del banchetto mi empiva le narici inebriandomi il pensiero.

Presi a muovermi più in fretta ma, non desiderando cedere completamente al delirium amaranthum, cercai di percepire con maggiore chiarezza i contorni delle prede, e le loro anime. Presi ad un tratto a correre facendo la spola fra un gruppo di ragazzi che si difendevano, illusi che non fosse anche quello un gioco senza speranza, ed un trittico di vampiri che sembravano glorificare una donna particolarmente avvenente, bevendola come si farebbe con un bicchiere di liquore da meditazione, ampi nei loro gesti, quasi mistici nel nutrimento notturno. A loro modo artistici. Ebbi ad un tratto l'impressione che qualcun altro avesse ideato il mio stesso percorso, perchè avevo percepito un paio di sibili che mi seguivano, oppure odori che mi precedevano. Qualcosa non mi era chiaro.

Accelerai il passo correndo sul colle come un giovane daino, senza meta, e di proposito puntando diritto verso il vuoto, per cercare conferma alle mie paranoie e, senza accorgermene fui proiettato in aria ed afferrato da un'ombra nerastra e vecchia come la Morte stessa. Sentii il gelo sulle mie braccia fredde, e scagliai un colpo dove credevo dovesse esserci una gola. Il mio colpo affondò nella nebbia che mi aveva in quel momento avvolto, e mi accorsi che minuscole goccioline di sangue lasciavano il mio corpo, da predatore mi ero tramutato in preda. Colto da rabbia per il pasto interrotto e terrore per la mia stessa non-vita al contempo scappai imprecando, mutandomi in un pipistrello grosso quanto la testa di una capra.

Librandomi in volo qualche metro più in alto da chi mi aveva assalito, commettendo il peggiore dei peccati che quelli come noi possono immaginare, mi accorsi anche che il colle era ormai un mattatoio umano sotto una luna che pareva prendere il colore empio del sangue. La nebbia divenne un grosso lupo scuro con occhi di brace ardenti, che ringhiava alla mia volta. Fu circondato dal fluido purpureo che il principe prima aveva mandato a sigillo del suo banchetto. Guaì, tentò di sprofondare nel terreno, poi divenne nebbia, infine pipistrello e fuggì, verso la luna, ad un tratto scomparendo perfino alla mia percezione. Devo far presto, mi dissi, se intendo tributare il giusto onore a questa luna.

30.10.07

Atene - notte di Natale 1064 Parte I

Avevo la barba lunga ed incolta, ed il mio vestito era tutto qui: un gonnellino di pelle ed una bretella, sulla spalla sinistra. Non avevo scarpe ai piedi, ma passeggiavo sotto una luna ancora grande e vicina a noi, nel preambolo di una notte fresca e quieta. La presenza di quella palla di luce gialla e verde macchiata mi faceva fremere il sangue, mentre giocavo ad estrarre e ritrarre le zanne, in compagnia di un fratello molto anziano. La sua elegante snellezza faceva da contaltare al mio fisico robusto, sebbene fosse solo poco più alto di me. Ma mentre io conservavo i colori di un essere umano lui aveva una pelle bianca e lucida come perla e sembrava che i raggi della luna a noi tanto cara vi si riflettessero. I suoi occhi erano racchiusi in orbite profonde e buie, ed erano iniettati di sangue scuro, lo stesso color porpora della tunica che indossava e che cadeva a pochi centimetri dai calzari di cuoio.

Diversi sentieri si incrociavano su quel colle ai margini di Atene, alcuni corti e poco battuti altri quasi delle strade. Su ognuno di essi almeno una coppia di figure, maschili o femminili non saprei ricordare in quali proporzioni, ma per noi è indifferente. Feci invece caso al fatto che ero l'unico a non indossare abiti di stoffa, anche se la cosa rivestì per me un'importanza davvero esigua. Mi piaceva guardare l'acropoli in lontananza, segno di una civiltà antica quasi quanto il mio compagno ne era guida, marmorea ed artistica come lui, compìti ambedue, ed entrambi ammirevoli. Man mano che la luna si allontanava liberandomi da un senso di ottundimento che era simile ad un'ossessiva necessità di stupire i miei sensi si riappropriarono della mia attenzione.

Così percepii brani di conversazioni di tutti quei personaggi che avevano popolato il colle, ed attraverso i toni delle loro voci, e i timbri di quelle e le parole ricorrenti, riuscii ad intuire una sorta di massiva euforia che si frena. Contai più di venticinque vampiri lassù, fra quelli visibili e quelli a me percepibili. Non dubito che ce ne fossero degli altri che riuscivano a celarsi alla mia attenzione. L'odore della terra innaffiata e smossa salì alle mie narici portando l'effluvio di ulivi e di mare. La brezza accarezzava la mia pelle deceduta 1031 anni prima e con essa arrivò anche l'odore di sangue caldo, ancora vivo e pulsato da cuori umani. Venivano verso di noi, e così mi sforzai per cercare di carpire le loro intenzioni, ma non sembravano avere una volontà comune.

Ad un tratto il mio ospite si alzò di qualche decina di centimetri da terra, e sillabando parole silenti vidi che un fluido sanguineo partì da lui disperdendosene come onde in uno specchio d'acqua che fossero state generate da un sasso. La tensione degli altri salì alle stelle e oltre un centinaio di umani comparvero confusi e madidi nel giardino del chiaro di luna. Ci fu immantinente un attacco deciso, ed in meno di quindici secondi un terzo degli umani era morto, chi dissanguato come giusto nutrimento, chi esploso in uo sbuffo di sangue e frammenti di osso come uno di quei fuochi dei persiani. Ebbe così inizio un delizioso panico comune, i vampiri erano presi dall'estasi del sangue cui ancora io resistevo, e gli umani scappavano terrorizzati, ma ancora non pienamente consci di cosa stesse loro accadendo. Poveracci, pensai, il buio non li aiuta di certo.

22.10.07

Bloody Monday

La pelle al termine del muscolo dell'avambraccio è più soffice e profuma spesso. Ha l'aroma dell'azione e degli abbracci, e nei soggetti allenati è più tesa e per questo più facile da spaccare coi canini. L'estasi del bacio continua perchè il sangue lì è frizzante e reca pensieri d'amore nel braccio sinistro vicino al cuore, e ricordi di cose vissute nel braccio destro. Lo senti con il naso prima ancora che con la lingua, lo avverti che nutre la tua anima sudicia di reietto parassita notturno prima che le immagini di una vita che più non avrai si riverseranno calde nel tuo cuore ormai secco e gelido, dandoti per qualche minuto la sensazione che tu chiami di onnipotenza ma che a ben vedere non è altro se non vita. Oh, ma l'impossibilità di resistere al fascino dell'innocenza è la dannazione di molti di noi nel mondo della notte, e quando l'umanità abbandona i nostri cuori la nostra malizia riprende il possesso del nostro corpo, invidiabile agli occhi degli ignari. Così puoi di nuovo avvicinarli, tu pallida luna del loro essere Sole, nel freddo senza suoni brilli agli occhi di un romantico, e lo attrai come una marea di sangue alla tua bocca, per godere tu più di lui dell'orgasmo dei dannati. E non senti più se il sangue ha quel gusto frizzantino dell'adolescente insicura o il robusto corpo di un atleta su di giri. Non ti importa se l'hai avvicinato con le sembianze di un angelo dopo la messa della sera, promessa di redenzione o se gli hai promesso invece uno sballo intenso e supremo, perchè loro avranno quel che vogliono, l'una la redenzione, l'altro lo sballo. E tu il tuo plasma caldo che ti riscalda il petto, che ti permette di sentire di nuovo che la pelle è baciata dal vento, che ti toglie per dei minuti il sapore di cenere e di morte dalla bocca.



Basta parlare, il sole è tramontato, è tempo di caccia.





18.10.07

Lebbra

All’incirca nel tempo n cui visse Gesù Cristo la lebbra era piuttosto diffusa. Almeno una corrente del credo popolare, se non l’intera popolazione, aveva la convinzione che essa colpisse i peccatori, coloro che commettevano inadempienze all’etica comune, rozzamente codificata dall’uomo del tempo, o addirittura di tempi addietro, e barbaramente imposta come legge divina. Tralasciando la codardia di chi scarica sul “divino” la responsabilità della propria crudeltà (ed in generale della propria nequizia) commettendo blasfemia, volgiamo l’attenzione alla vita dei lebbrosi. Fino ad un momento qualunque persone come ciascun’altra, alti, bassi, magri, grossi. Biondi e bruni, donne e uomini. Nessuna ragione apparentemente chiara per giustificare una malattia che ti macera le carni, che ti fa cadere le dita e la faccia, che ti manda in putrefazione il tuo corpo vivo mentre esso stesso è irrorato dalla stessa linfa che ad altri basta. Una differente reazione delle difese immunitarie, credo, da profano. O un batterio od un virus. Insomma, non di certo l’errore.
Oggi nelle nostre città è di certo raro, se non impossibile, incontrare qualcuno il cui corpo cada a pezzi.
Ma vogliamo parlare dell’anima?
Sia che ci sia un motivo che possa giustificare il disagio temporaneo accade spesso che le ferite al cuore, o alla fiducia, ed in generale ai sentimenti possano diventare sozze e avvelenate, perché non adeguatamente sciacquate, perché le convalescenze sono sottostimate, perché le ricadute sui tessuti fragili sono in agguato. E così ci ritroviamo lebbrosi nell’anima senza neppure sapere più perché ci fa male. E perdiamo pezzi di cuore per infezioni che non sono state capite, non sono state curate, non sono state diagnosticate. Ognuno di noi ha l’imperativo morale categorico di perseguire l’assenza di disagio, per sé stesso e per gli altri, per la porzione di responsabilità sociale che ereditiamo da questo mondo che, vuoi o non vuoi, è reale. Per paura o per vergogna ci chiudiamo nei nuovi ghetti e nei nuovi lebbrosari, cerchiamo solo la compagnia di chi “ci capisce” di chi “è come noi”. Mi pare un pulsione comprensibile, a patto di non indulgere troppo nella mollezza di spirito, perché un arto ferito dopo la convalescenza deve recuperare forza, va allenato, va tenuto sotto controllo. E come potrebbe essere diversamente per un tessuto così impalpabile come l’anima? Per uno scheletro così fragile come lo spirito? Sarà fragile il tuo, di spirito, mi rimprovereranno i cinici o gli infastiditi. Forse. Ma lascia che ti dica un’altra cosa, cinico, infastidito. Lascia che ti dica che se ti procurerai una piaga alla gamba essa verrà sciacquata, disinfettata, trattata, la sua infezione combattuta con i mezzi frutto di ricerche ormai secolari. Ma cosa farai quando ti cadrà un pezzo di cuore? Abbaierai contro l’ignoranza? Imprecherai contro chi ti vuol male? L’arresto di un accoltellatore non guarisce le ferite che il suo coltello ha causato. Ed in mancanza della possibilità di incontrare oggi Gesù o un altro guaritore miracoloso noi abbiamo il preciso compito di non espandere l’epidemia. Di accettare che l’espansione della lebbra dell’anima è in crescita. Di curare le ferite nostre e di lenire le sofferenze altrui. Di trovare se non rimedio almeno un argine.

11.10.07

Fuoco su Babilonia!

Ancora una volta una canzone mi stimola riflessioni, e la canzone in questione è Fire on Babylon di Sinead O'Connor. A dir la verità più che la canzone stessa è stato il titolo ad avermi innescato il brain process, sapientemente coadiuvata dagli strilli inumani di Sinead, a giustificare le immagini apocalittiche che si formavano nella mia mente mentre passeggiavo proprio in Duomo, di meteore e fiamme che scendano giù dal cielo (figurativo). E mi è venuto in mente la frase di Nietszche "la virtù si sente meglio dopo che si è presa una vacanza". Per esempio ci sono momenti in cui esercitiamo inadempienza ai nostri doveri oppure lasciamo che qualcuno manipoli il nostro sentire per tema di ferire o colpire, quando magari dall'altra parte c'è solo cieca arroganza o peggio, malafede. E così le nequizie altrui iniziano ad avvelenare anche chi di nequizia non ne recherebbe il fuoco, se fosse per sè, proprio perchè subdoli e notturni sono gli stratagemmi che attaccano un'anima in buona fede. E man mano questa arroganza, se trova il terreno fertile della non combattività, genera paludi di malsano malessere in cui anche il più cauto dei passeggianti può lordare il suo abito, sia esso bianco e limpido, sia esso un po' meno chiaro. Estendendo l'analogia ci si ritrova senza sapere perchè in una Babilonia dalle grandi potenzialità pervertite, con le colpe che hanno perso memoria dei loro stessi padri, ma che camminano a testa alta, con gli errori che insozzano il pensiero, con i rancori che avvelenano i sentimenti. Ed allora Fuoco sia, su Babilonia. Metaforica fiamma sacra, sacrosanta. Sospiro. E così sia.

Mi riaffiora questa poesia.

Sirena
Datteri rossi dalle tue labbra esiliati
Colti da imbarazzo come da baci rubati;
Il tuo dire è parola in questa maniera;
Di confini ed assedi non ha tempo e dispera
Ora al tuo cospetto, sconfitto senza pugna
Quel cuore cui tutela gentile non gli giugna.
Hai tu voce più dolce dei frutti, Sirena
D’incanti e d’aurora ammantata
Come di spuma dal sole dorata.
Uno schiaffo dall’onde, un memento
Per un momento son memore e in me.
Ed i miei compagni sordi di cera
A quella tua armonia, a questa mia smanìa
Incatenata di conoscenza ad un albero,
Ristanno. Più non ti sentiranno.
La vela spiegata si gonfia di tiuche
Sospinge con me il mio legno lontano
Da te, Sirena; dal ricordo che invano
Quel canto usò violenza alla volta mia.
Gorgheggi senza uso, il tuo canto è una bugia.

9.10.07

Discernimento

God grant me
the serenity to accept the things i cannot change
the courage to change the things i can
and the wisdom to know the difference


Così si apre una delle canzoni più empatiche ed intimistiche di Sinead O'Connor (Irlanda, ancora una volta? eh, no basta, hai rotto).

E vabbè, le mie radici sono anche lì, ed è lì che attingo. Ci sono un sacco di mantra preconfezionati che man mano che si avanza nella vita ciascuno fa propri, come quello qui sopra, che è tratto dalla bibbia, o come quello che ci fanno recitare in palestra di cui ho parlato qualche post fa, e molti recitano come essere, o come agire, o come pervertire la propria volontà, il proprio desiderio, la propria coscienza.

Quello sopra però secondo me è fondamentale nell'inserimento della "wisdom". Saggezza? o meglio: Discernimento? Chi di noi può dire con certezza se le proprie scelte siano frutto di discernimento? quanto spesso invece facciamo delle scelte perchè è quello che farebbe il personaggio che ci siamo dipinti addosso?

Questo è un problema, perchè se per caso (per caso eh) noi non dovessimo essere un incrocio fra giotto e jung, e se quindi noi non conoscessimo esattevolmente come siamo, vogliamo e possiamo essere, oltre a non essere esattevolmente in grado di dipingercelo indosso, allora correremmo un pericolo di menzogna.

Menzogna contro se stessi, un peccato grave, ma soprattutto un peccato difficillimo a trovarsi, perchè "se tu non lo farai... no one will". Parola di Galadriel. C'è poco da fare, non ci sono bacchette magiche, mantra spirituali, non c'è nessun deus che arriva ex machina per prelevarci, ungerci il capo ed i piedi di santificante olio misterioso che lavi via i nostri peccati, le nostre paure, e renda immantinente veri i nostri sogni.

Non esisterà una dama della Luce che ci riempirà di doni per aiutarci a percorrere la nostra via, perchè "all i need is inside me", come recita, ancora una volta con giudizio, quella canzone di Sinead, che sarà pure un'artista mediocre per qualcuno, o poco figa o che ne so. Ma ha indiscutibilmente una sensibilità fuori dal comune.

Concludendo...

Miao.

8.10.07

Il lamento del Narciso


Ci sono alcuni accordi che toccano il cuore, e ce ne sono pochissimi che il cuore lo fanno entrare in risonanza pura, atrii e ventricoli che pulsano insieme alle note, e sangue che fluisce con l'enfasi della voce. Quando sento Daffodil Lament dei Cranberries mi succede questo. Mi sento come prelevato dal mio corpo, i miei occhi smettono di comunicare al mio cervello, e la mia anima si stacca dal mio corpo, mantendo con esso solo un misero "cordone" argenteo, mentre fluttuo in una bolla atemporata di milioni di secondi, e ricordi e sensazioni mi si affastellano come legna per un falò, che improvviso divampa senza consumo e senza ustioni, solo tepore, luce e magia. Non credo siano le parole del testo, che lette da sole non mi trasportano da nessuna parte, ad essere intrise d'irlanda, o di anima, o di sogno mistico, ma credo che sia la sillabazione ritmica unita al suono che la accompagna, un incantesimo in piena regola, che non è un unicum. Questa stregoneria ha effetto sull'umore e sull'empatia, quindi è spirituale, e attinge ai ricordi laddove li ha, aumentando la propria potenza: infatti piombo inevitabilmente su una bicicletta che va veloce sulle strade del ring of beara, una penisola fra due fiordi irlandesi, felice dell'amicizia di chi era con me, euforico nel mio amore per l'Irlanda, deliziato dal ricordo di valli glaciali e laghi blu topazio, incastonati fra declivi verde smeraldo, gioielli che la Corona se li sogna, non esclusivo appannaggio dei reali, ma non per questo meno reali nel loro donarsi a noi, silenti, atavici, mistici, ma terreni.


Come un bicchiere di vino con il giusto piatto, questa canzone s'abbina ad una porzione d'Irlanda.



Foto di S.L. Fischiettando felice verso una giornata indimenticabile - Kenmare 2002

6.10.07

Impero d'Irlanda

C'è un altro viaggio che mi piacerebbe fare, guarda caso, in Irlanda. Mi piacerebbe essere lì, mettiamo a Dublino, che è la città meno irlandese di tutta l'Irlanda, essendo stata fondata dai Vichinghi, e da lì una mattina grigia in cielo ma verde sui prati prendere un deltaplano o un piccolo velivolo silenzioso, che ne so, una mongolfiera, un drago invisibile (ma che non abbia mangiato pesante, che se digerisce forte è un casino) un parapendio, ed avviarmi verso nord ovest, in direzione della pietra di Faal, sulla Hill of Tara. Narra la leggenda che sul mound dove giace la pietra di faal avvenissero le incoronazioni dei legittimi Ard-Ri (re supremi) di Eriu. Eriu è il nome che preferisco di quelli dati all'isola di smeraldo. E la pietra di Faal cantava, è detta la pietra che canta. Cantava solo se la toccava la persona giusta, il che mi fa venire in mente anche altro, ma sorvoliamo. E sorvolando i campi verdi in cui il vento muove le erbe come fossero onde mi piacerebbe poi dirigermi ad ovest, mentre pian piano il grigio delle torbiere si sostituisce a quel mare verde, e man mano l'odore delle distillerie si confonde con gli ultimi rimasugli di aria marina, cercherei di starmene alla larga (ma non troppo alla larga) dai vapori di whiskey (mai omettere la e, gli irlandesi si incazzano come irlandesi!) e tenterei di raggiungere una sponda del fiume shannon, per vedere il cuore pulsante e il sole al tramonto tuffarsi dentro ad un laghetto blu mentre l'aria si rinfresca. Ecco, potrei togliermi le ali, in quel momento e fare una sosta in un pub, di quelli con le porte di legno scuro, il bancone di legno scuro e tantissimi bicchieri. Uno di quei pub dove un signore baffuto e paonazzo sta orgoglioso su uno sgabello con una pinta di guinness in una mano e l'altra mano sulla spalla di un ragazzo, mentre quello, suo nipote, si beve la sua prima pinta col nonno. Ordinerei un piatto di salmone e funghi, e mentre attendo prenderei una guinness e delle patate, mentre l'oste segaligno tiene lo sguardo basso tipico degli osti migliori. Lascerei che il tepore della gente e quello dell'alcool affiorassero sulle mie gote e qualche pinta più in là potrei bere un paio di whiskey.





A nanna, adesso, domani si vola.





Foto di S.L. Il legittimo Imperatore d'Irlanda che fa cantare la pietra di Faal - Tara 2003

5.10.07

Senti freddo?

-Perchè non sei mai caduto da una moto da neve in Groenlandia, alle sette di sera ed in pieno inverno, e soprattutto non ti sei dovuto fare altre 8 miglia con la neve nel collo prima di poter abbracciare una stufa a cherosene. Quindi non parlarmi di freddo.-



Questa è una delle mie frasi tipiche quando qualcuno mi chiede se ho freddo. E dietro questa frase, come dice Arseface, si annida una storia. Ma andiamo per gradi, perchè intanto mi piace molto "si annida", è una cosa tenerecchia, c'è una storia tutta accucciolata dietro una frase, e ancora no sappiamo se ha messo le piume oppure no, ma quel che sappiamo di certo è che quella storia quale che sia, proprio perchè è una storia, ama essere raccontata davanti ad un fuoco. Chissà se per le storie nascere davanti ad un fuoco equivale a nascere normalmente mentre se non nascono davanti ad un fuoco allora per loro è una sorta di parto cesareo. Ammettiamo che questa storia sciocca di un povero cristo che non capisce la lingua degli Inuit e cade nella neve come un testicolo sia una storia colorata, e non una storia in bianco e nero. E sia oltretutto una storia piumata, così è facile immaginarci la storia, piumata e (mettiamo) viola, che timida ma orgogliosa si accucciola dietro una frase. Ora dobbiamo immaginarci la frase, ma se la frase è come quella di cui sopra, che è tagliente e scocciata e che parla di freddo allora non ci si può esimere dal considerarla come un pentagramma in bianco e nero. E così avremo un piccolo pennuto viola che si ripara dietro una pergamena di spartito. Probabilmente è lo spartito di una canzone di Belle&Sebastien, nello specifico di "La Pastie de la Bourgeoisie" [...]And you love like nobody around you How you love, and a halo surrounds you[...]. Anche perchè Sebastien (era lui il cane vero?) era un San Bernardo, e se cadi nella neve con -50° un sorso di miruvor lo vuoi proprio.



Ecco fatto, ho dato vita a una storia.






Foto di M.G. Io che bevo poco prima di finire nella neve - Groenlandia Febbraio 2001

4.10.07

Saluti

Rime snocciolate come sabbia fra le dita
per dire, fare dare o cominciare una partita.
Quelle eran parole che un tempo mi hanno detto
che affiancavano il sentire al moto di clessidra.
Chi compagna è stata ma non lo fu di letto
Chi con la sua ira si trasfigura in Idra.
Contatto furioso di legno e di mani
croste di tempo nel caotico domani.
Scorre la sabbia, scorre senza sosta
e non importa se tanto mi costa.

Ma questo non basta.

Non basta il coraggio di non proferir parola
Non basta questa storia, che è una fola.

Perciò saluti, anima innata
ne riparliamo dopo la tua epifania
saluti, anima drogata
saluti, e così sia.

2.10.07

Defying the laws of gravity

Ieri sera tornando dalla palestra mi è venuta in mente una riflessione. E se tutta qusta ansia e questa angoscia degli ultimi tempi, se tutta questa necessità di emergere e di rompere gli indugi non fossero altro che la giusta reazione all'inattività dopata degli anni passati nella menzogna di me stesso? In fondo se la mia pulsione rabbiosa ad avere di più fosse solo una cosa naturale? perchè non dovrei assecondarla e in pratica lasciarmi trascinare dalle mie energie in evidente esubero? tutto quadrerebbe, ed il cerchio si potrebbe, finalmente, chiudere. Tutte le persone che ho conosciuto negli anni hanno lasciato un piccolo segno in me, e ne ricordo poche che non abbiano almeno mostrato interesse, quando non fascino, e quasi sempre benevolenza. Ogni cosa di quelle poche che ho portato a compimento, è risultata ben fatta, e brillante, quindi non c'è ragione di credere che questa sia paura nè incapacità. Si tratta invece di fretta, di urgenza, di premura, e io anche in questo stesso istante sto cercando di imbrigliarla incatenando con la ragione, mio baluardo, un'energia che don't stop me now! Vorrei ringraziare pubblicamente Vale ed Eu, per essermi stati meravigliosamente vicini e di continuo supporto in queste ultime settimane difficili. Non dico che non mi merito amici come voi, perchè alla fine non è vero. Ma la mia gratitudine vi raggiunga ugualmente.

E con il malessere se n'è andato anche il demone della scrittura, quindi non aspettatevi post paurosi a manetta, magari ogni tanto parlo di persone, magari ogni tanto di Irlanda, e magari qualche volta di viaggi, mentali o onirici. Ieri mi era anche venuta un po' di ispirazione per continuare quella poesia del fascio di luce, ma il barlume è stato labile. Adesso, stante il fatto che noi hobbit siamo ghiotti di funghi, mi tocca mangiare un'intera torta ai porcini e patate. E onestamente, è molto meglio questo che stracciarmi il cuore a brandelli.

1.10.07

Taiji Meihua Tang Lang

Dopo un infortunio di cinque mesi ho rimesso piede in palestra. Non nascondo una certa emozione, e stasera quando metterò i pantaloncini e la nuova maglietta sarà ancora maggiore. Spero che basteranno i primi quindici minuti di riscaldamento per ottundermi il pensiero quel tanto che serve per permettere al resto dell'allenamento di influire sul corpo. Mens sana in corpore sano, tradunt. Il mio stile marziale predica umiltà, coraggio, fortezza. Ed ha radici nel misticismo spiritistico di un buddhismo giovane che ha nelle sue caratteristiche la pazienza e la tranquillità, o quanto meno la certezza che la tranquillità sia raggiungibile, laddove invece per noi in occidente la certezza è che l'aldilà è raggiungibile, il che se vogliamo è sì più pragmatico ma alle volte può tagliarti le palle. Ho scelto questo stile di Kung Fu, nonostante fossi contrario alle arti marziali, perchè convinto dall'aria che si respira in palestra, e non intendo quella degli spogliatoi chiaramente, ma quella che stranamente per una palestra di arti marziali, non è di esaltazione ma di allegra concentrazione, un po' casinista ma molto raffinata. Tutto genio e sregolatezza, genio nel carisma del maestro e di qualche allievo, e sregolatezza nei programmi che cambiano sempre, nelle mila varianti di tutte le prese e posizioni. E poi se anche gli anziani non sono troppo bravi il mio morale ne guadagna, sacre bleu. Per un giorno lasciamo da parte quegli altri pensieri che mi attanagliano, e lasciamo anche da parte le poesie, i viaggi intergalattici, le superomistiche superseghe supermentali che di solito lascio qui. Oggi umiltà. Domani coraggio. Forza!



Foto di mio padre: me in una posizione ibrida - largo delle eolie 2004

27.9.07

Mi ascolti, Morfeo?

Oggi non avendo niente da fare e non potendo andare a correre parlo di viaggi. Sarà perchè sento un po' la pulsione all'avventura, vista la troppa quiete meccanica che mi circonda almeno a livello di avvenimenti. Ma questo non vuole essere un j'accuse nei confronti dei miei amici, che pure però si devono stare zitti se li taccio di inattività, perchè sanno che ho ragione.

Viaggi, dicevo.

Non so se è più piacevole abbandonarsi al ricordo e raccontare qualcuno dei viaggi che già ho fatto oppure se è il caso di spreadare le proprie wings end flaiare away. Posto che non sono un nonno, nè tantomeno un papà, credo che preferirò abbandonarmi un po' ai sogni, e così magari metto nero su bianco qualche proposito.

Io ho il richiamo per il nord, quello stesso di cui narra Jack London, ed ho una predilezione per le terre vuote ed estese, mi sarebbe piaciuto tanto essere un cercatore d'oro nel Klondike alla zio paperone. Ghiacci ovunque, l'aurora boreale, che pure ho vista in groenlandia, la natura selvaggia ed incontaminata e lo statuto ontologico di pioniere. Il primo o fra i primi a battere dei sentieri, arrancare e non arrendersi... ma non so se vorrò mai fare un viaggio lassù, non nella realtà. Uno che mi piacerebbe fare per ora, chissà come mai m'è presa l'idea, è di ripercorrere la via della seta, quella settentrionale. Mi piacerebbe partire di sera da Venezia in nave, a lume di candele in una notte umida e stellata, vedere le luci della città che si allontanano e sentire dentro me quel tuffo al cuore che viene viaggiando verso mete incognite, vorrei una mattina sorprendermi a scorgere in lontananza la cupola dorata di Hagia Sofia, la cattedrale di Istanbul, magari in controluce, visto anche che se non ricordo male il sole sorge proprio ad est... Vorrei prendere un cavallo e partire alla volta di Samarcanda (sognare non costa nulla, chiunque è libero di far questo viaggio con me), ripercorrendo le strade calpestate da Alessandro il Grande e dal suo esercito, o dalle carovane dei fratelli Polo, attraversare la media, la persia, la bactria e costeggiare l'immensa scitya a meridione, dove oggi giacciono confini incerti e dove oggi la gente muore con gli stessi perchè e con le stesse paure di duemilacinquecento anni fa, ma forse con meno dignità. Vorrei di nuovo imbarcarmi ma stavolta su di un fiume, e dal deserto passare attraverso foreste e poi steppe sul Bajkal, che è così profondo che se venisse svuotato tutti i fiumi del mondo impiegherebbero un anno a riempirlo di nuovo, e poi stanco esterrefatto e nuovamente nato vorrei svegliarmi una mattina in un giardino con mandorli rosa e laghetti con loti e ninfee, indossare una vestaglia di seta e con i miei occhi a mandorla guardare quelli di una ragazza sorridente, minuta e con dei modi gentili.

Te ne insegno qualcuna, Sogno. Se non vuoi darmi aiuto tu, ci penso da me.

26.9.07

Meme (ma anche te)

Dice Anna che è la mia volta, e che in pratica devo scrivere otto fatti. Questo mi ricorda un po' una simpatica amica che diceva "raccontami un fatto" oppure "raccontami un fattone". E inoltre si sposa bene con l'agognata leggerezza.

Ecco dunque:

1) Da lupetti quando arrivava la sera ci sedevamo attorno al fuoco, non più divisi per sestiglia, ma come ci piaceva di più. Io mi ricordo che mi sedevo molto volentieri vicino a Mariantonia, o a Carmine (che però era una ragazza), anche se loro erano nodo rosso e io solamente nodo giallo: ascoltavamo e raccontavamo a turno una delle storie del libro della giungla, e la mia preferita era quella in cui il branco metteva da parte ogni cosa per proteggersi dall'attacco dei cani. E poi cantavamo piano, quasi mormorando.

2) Per il mio diciottesimo compleanno alcuni amici sono rimasti a dormire a casa al mare con me, dopo la festa estesa anche a tutti gli altri. Abbiamo bevuto una bottiglia di tequila a testa, uno di loro ha spiaccicato la mia torta per terra, poi abbiamo fatto la guerra col borotalco e siamo andati a spaventare le persone, che però non solo non si spaventavano ma anzi ci prendevano per imbecilli. Siracusano è salito sulle giostre e ha vomitato.

3) In terza media mi sono rotto la caviglia, facendo educazione fisica; sono rimasto ingessato per 25 giorni, poi una volta tolto il gesso camminavo zoppicando per un po'. Un pomeriggio mentre andavo a incontrare Giulieide una ragazzina della putìa sotto casa, accanto all'oste, mi dice: "chi fai camini zoppu? chi schifu!". Dieci anni dopo le ho vomitato sulla saracinesca, dopo una serata etilica in doppia cifra di guinness.

4) Quando prendevo la canoa in estate, prima delle lezioni di vela, andavo ben più lontano di dove indicavano gli istruttori, e per tutto il tragitto canticchiavo Telegraph Road dei Dire Straits, con tanto di twieeown e tiiiin di chitarra. Per tacer dei tarataratara!!!

5) Per il primo anniversario ho inviato alla mia ex che stava fuori un pacco con un cuscinone, cioccolatini, sigarette, un cd di canzoni cantate da me ed una foto osè. Ho pagato per farlo, incredibile.

6) In terzo liceo ho fatto una intera interrogazione di greco con i pantaloni abbassati sulle chiappe. Era una di quelle interrogazioni "due contro due" che piacevano tanto alla professoressa bastardissima, in cui metteva da un lato due bravi (nel caso eravamo io e Fiorillo) e due bestie dall'altro (le sorelle schifazzù). Le abbiamo ridicolizzate e ne siamo anche andati fieri, il che testimonia che la scuola è un luogo asperrimo.

7) La mia auto era soprannominata smithsmobile perchè c'era sempre un cd degli smiths (e quasi sempre the queen is dead) e io guidavo come un pirata toccando anche i 170 in città. Una sera abbiamo girato un video di una di queste corse folli per metterlo nel giallo noir che avevo scritto.

8) Una notte ho passato nove ore al telefono con la mia ragazza, poi mi son fatto la doccia e sono andato a prenderla a casa per andare a scuola.

E ora passo il testimone ai miei amici, sperando di schiodarli un pochetto: Drugo AlexMeister e Antolla

Pììì-oooove

Ebbene, mi si fa notare la cappa di serietà che ha ricoperto il mio blog. E visto che vorrebbe essere un modo per tenere traccia di me questa serietà non è, ovviamente, possibile. C'è però da dire che questo non può e non deve diventare uno spin off dei qani, luogo deputato alla demenza, nè un dipartimento distaccato della M.I.A.O. la società di consulenza di demenza di cui sono presidente. Quindi come alleggerire l'atmosfera e dare spazio ai polmoni di respirare? Non ho una risposta concreta, ma il post di ieri di Inenarrabile, (che chiamerei più volentieri con il suo nome) e il nubifragio di stanotte sono dei segnali che non vanno ignorati, quindi farò in modo di alleggerire l'approccio, e parlerò di pioggia.

La prima parola che ho pronunciato non è stata mamma, papà, tette o whisky, è stata "Piove". Anzi, per l'esattezza è stata: "Pì-ooooove", per il disappunto di buona parte dei miei cari. Dovevo essere in braccio alla nonna, quella nonna di cui ormai solo in tre abbiamo memoria. E stavamo davanti alla finestra del salone, a quanto mi dicono, in una giornata di pioggia decembrina. A Messina piove più che a Milano, non si creda. E la pioggia ha un forte potere catartico, se sei felice sotto la pioggia sei ancora più felice, se sei malinconico non c'è niente di meglio per accompagnarti della pioggia. La prima volta che sono stato in Irlanda sono stato accolto da una bella pioggia che non ha smentito le mie aspettative sul clima delle isole britanniche, e così è stato pure al mio primo arrivo a Milano. Pioveva anche durante uno dei tragitti in nave lungo le coste del Brasile, verso le ilhas tropicaes, e così ho potuto testare la mia personale nuvoletta di Fantozzi anche dall'altro lato dell'atlantico, in un altro emisfero. Avevo voglia di cercare la stella polare... ad alzare gli occhi al cielo si beccavano solo goccioloni, ed il mare piatto la gran pioggia e l'umidità elevatissima dell'estate tropicale facevano sì che io avessi la sensazione di essere un pesce.


Da un estremo all'altro, ricordo invece la pioggia alle terme di Reykjiavik come un sollievo perchè interrompeva una nevicata di tre giorni. L'acqua nelle vasche termali era a 26° e la temperatura atmosferica poco sotto lo zero, cosicchè avere pioggia anzichè neve sulla testa e le spalle era una benedizione (sì perchè le vasche erano, categoricamente, all'aperto). Al pensiero mi rendo conto cos'hanno spesso da strillare i Sigur Ros nella quiete più assoluta (ma non assolAta). Prova a immaginare che mentre sei lì col sedere a mollo nell'acquetta calda in compagnia della tua ragazza e di una trentina di altre bionde nordiche ecco un fiocco di neve che ti si posa lieve fra spalla e collo. Hjosolìììììììì!!!! Fruglfrelsariiiiiinnn!!!! Htjyù-ùùùù!!!

Bè, l'impulso l'ho sedato, spero di non essere stato pesante come negli ultimi giorni. E se lo sono stato...

Se noi ombre vi abbiamo annoiato
fate conto che vi ha visitato
solo un sogno perchè nel frattempo
voi stavate, voi tutti, dormendo
(Puck, per penna di Guglielmo Scuotilancia - Sogno di una notte di mezz' estate)


Foto di Enrico Romeo: Temporale tropicale - Largo della costa Brasiliana Gen/00

25.9.07

Antenati

Miasorellaquellapiccola mi ha fatto giustamente notare che non ho ancora parlato della mia famiglia. Ed in effetti è un peccato perchè io ho una famiglia d'eccezione. C'è da morir dal ridere, c'è di che mettersi le mani ai capelli, c'è di che indignarsi, c'è da ammirare. Come ogni altra famiglia, mi si potrebbe obiettare.

Cazzate.

La mia famiglia è veramente speciale, e lo sarebbe anche se non ci fossi io, il che dovrebbe essere un indice di quanto è speciale.

Ovvio che non si può in poche righe esplicare quanto detto, nè è un mio proponimento.

Ma un epitaffio, un peana, al Monno lo faccio volentieri, se mi riesce di asciugare le lacrime.

Il Monno è un nonno, innanzitutto. Era (è morto, sì, anche se non del tutto) il più anziano, il Gerontius Took della mia famiglia, era piccolo e fragile, almeno alla fine. Ed era di una bontà provvidenziale che nè Manzoni nè Hugo avrebbero saputo cantare, figuriamoci io. Bè forse Hugo sì. Mio nonno Franz mi ricordava infatti il vecchio Jean Valjean, non certo per le sue avventure o per la sua forza fisica, quanto per il suo amore buono e senza compromessi, i suoi occhi dolci, liquidi, profondi e semplicemente ricolmi di benevolenza ed affetto. Io ho vissuto con mio nonno per non ricordo quanti anni, oltre un lustro comunque. Gomito a gomito, eravamo vicini di stanza, noi due soli nella casa, eravamo coinquilini. E nessun altro coinquilino mi è mai stato così vicino e così tacitamente d'esempio. Purtroppo l'esempio del Monno è un esempio che mi causa ancora dolore, giorno dopo giorno. Io non sono quel che era lui, il mondo non è il mondo in cui era lui. Non riesco ad essere sempre buono, a perdonare immediatamente ogni minimo torto, a superare ogni menzogna con un sorriso. Non riesco a lasciare fluire le lacrime, ma posso promettere una cosa, Nonno. Lo prometto e lo giuro sulla mia stessa anima. Nessuno mi porterà via il tuo esempio, nessuno riuscirà mai a farmi abbandonare la convinzione che si deve essere buoni, più di ogni altra cosa, che si deve essere amorevoli, più di ogni altra cosa, che si deve essere semplici, e che la vita è fatta solo ed esclusivamente per amare chi ci sta intorno, che i sentimenti giusti sono quelli buoni, e che il resto veramente non importa. Come era per te.

E stemperiamo un po' questo groppo in gola con le tue frasi celebri:

Enricuuuucio.... Mi metti na stilla i colliriu?

Pronto? Enrico non c'è! è al gioco!



Foto di Enrico Romeo: Zio Franciscu, Nonno Franz e Mamma. Rometta 2003

23.9.07

A volte ritornano

La cieca ostinazione d'incollare
ai rami foglie secche ed ormai morte
scavalca la ragione, svilisce il sentimento

Ogni tanto mi tornano in mente le mie stesse parole, a dispetto dal mio voler rifuggire dall'autoreferenzialità. Ed ogni volta che quelle parole mi tornano in mente una pace Ungarettiana si fa strada in me, e mi passano davanti le foglie che stavano sugli alberi in autunno. E mi figuro un baffutissimo Nietszche che, ostentando superomismo, si inerpica sull'albero per riattaccare le foglie, mentre poco distante i Monthy Python lo prendono in giro e lui arrossisce. Tutto diventa film d'animazione nello stile di Yellow Submarine, ed infatti ecco Paul McCartney che canta la sigla.

22.9.07

Trascendi

Giorni duri, per molte persone. Così mi sembra. Pare che "un'ombra si sia risvegliata ad ovest", pare che ci sia "una perturbazione nella forza". Eppure non è di problemi medici che si tratta, non è esattamente di sofferenze fisiche. Nè è "esattevolmente" chiaro dove giacciano i problemi, persona per persona, uomo per uomo, donna per donna. Eppure io so. In un qualche recesso recondito di me, nascosto alla luce del giorno, nascosto alla vita sociale reale fatta di suoni e occhiate io so. So dove nasce, so quando e soprattutto so il perchè. E in un agolo recondito nascosto al "me stesso" che si vuole apparire, anche "a me stesso" lo sa ciascuno di noi. L'anima soffre. Ha una ferita, ha ricevuto un colpo. L'anima non ha epidermide da incidere, e per questo è più difficile da graffiare, perchè è eterea. Ma l'anima non ha tessuto epiteliale che si nutre di liquidi, e per questo i suoi graffi sono più lunghi a guarire. Dobbiamo riconoscere che abbiamo un'anima, che è lo schermo che separa il nostro passato dal nostro futuro, è quel che siamo stati proiettato da quel che vorremmo verso ciò che potremo essere, è uno statuto ontologico in fieri, ma immanente.

Ci sono medicine che ti curano e disinfettano le ferite, ci sono medicinali che aiutano la psiche. Ma per l'anima... siamo soli, senza supporto, dobbiamo curare la parte più intima in assoluto di noi stessi con le sole nostre forze. Potrebbe capitare di farlo in compagnia, ma gli atti sono tutti solamente nostri. Potrebbe capitare che qualcuno si accorgesse che è un travaglio quello che stiamo vivendo, che non siamo in noi. Che trascendiamo. E trascendenza sia. O vuoi negare di avere un'anima? o forse non vuoi prestare ascolto al grido che ti rivolge? L'anima non è un bimbo che piange per capriccio, non esiste l'educazione dell'anima. Esiste il nutrimento. L'anima non è un animaletto di cui puoi non curarti per un giorno o due. L'anima sei tu. E se piange sei tu che piangi. Allora trascendi, ascoltala, accetta quel che ti dice, perchè è quel che dici tu stesso e che non riesci a sentire, in questo momento. Sarà il frastuono di sciocchezze in tv, sarà l'adrenalina che ti rimbomba nei padiglioni, nata dalla necessità di migliorare, fare, divenire. Ma non lasciarti l'anima alle spalle. Trascendi.

20.9.07

Uno Hobbit



Ho fatto molte prove negli anni, ho provato ad essere un fighetto, ho provato ad essere un fuso. Ho provato ad essere un poeta maledetto, ho provato ad essere uno sportivo, un ingegnere, un erudito. Quando è così evidente quello che io sia. Mi piace la compagnia degli amici, le risate al pub, mi piace una bella fumata. Mi piace quando i miei abiti hanno l'odore del camino. Sono estasiato quando ho la sensazione di stanchezza che segue l'intenso contatto con la natura. Ho i piedi pelosi. Sono molto a mio agio in campagna, e se ho anche mezzo metro quadro di terra provo a piantarci qualcosa. Poi non cresce, perchè ho il pollice nero, ma mi piace così tanto e mi rilassa così infinitamente l'idea della terra. Mi piace far frittate, ed avere ospiti a cena, rimpinzarli mi piace fare e ricevere regali. Mi piacciono gli alberi genealogici, ho cura delle mie radici, spensieratamente e senza travaglio interiore. Se voglio so esser silenzioso, e all'occorrenza un bravo scassinatore. Sono piccolo. Non sono felice di stare in mezzo ai "gambelunghe". Sono uno hobbit. Non so se sono Bilbo, o Frodo. Non so se la mia via è fuggita innanzi. Ho amici saggi come elfi, ho la benevolenza di anziani e venerabili persone. Quello che voglio è una casa con la porta d'ingresso tonda, tante camere da pranzo piene di cianfrusaglie e piatti, una dispensa ben fornita. Una pergamena, una presa di erbapipa. E se capitasse un'avventura... recalcitrerei come un mulo, ma...

Foto di S.L. Inis Mor, Irlanda - 2001 Me ed A. in paradiso.

19.9.07

I(r)iolanda

Devo parlare ancora una volta di Irlanda. Intanto Irlanda ha una assonanza piuttosto corposa con "Iolanda" e Iolanda è la mia amica d'infanzia più presente nella mia infanzia. Siamo tuttora ottimi amici, ma la particolarità è che la mamma di Iolanda viene dall'Irlanda. Io e Iolanda siamo stati in Irlanda insieme, la prima volta che sono stato lì, e non era programmato. Ho incontrato sua madre e sua nonna dinanzi al Trinity College a Dublino, che erano appena andate a prendere Iolanda in aeroporto. Poi s'è unita al gruppetto dei miei amici, e siamo stati in giro per una settimana insieme, prima che lei ci lasciasse per raggiungere i suoi parenti. In quella settimana abbiamo visitato Dublino ed i suoi pub, Clonmacnoise, Shannonbridge e le sue interessantissime miniere di torba, la splendida Galway, le Cliffs of Moher e le Isole Aran. A Galway mi sono innamorato di una violoncellista di strada, ed uno dei miei amici è stato praticamente violentato da una sguauata vicino lo spanish arch. A Galway ho acquistato un'armonica, in re. Stavo quasi imparando a suonarla senza ferire le mie stesse orecchie (per quelle altrui ci sarebbe voluto un po' di più immagino) quando piuf... perduta nella sabbia ad un falò.

Ma non è questo che voglio dire di Erin. Alzi la mano chi non ha un idea mistica dell'Isola di Smeraldo. Ogni volta che ci son stato, con chiunque io ci sia stato... il cielo così basso e le nuvole che piottano, il vento che muove i campi con onde verdi, i muretti dei pastori eretti con sassi, e con un equilibrio che nemmeno l'ingegner Cane. Vacci, in Irlanda, lettore. Con chiunque. Non aspettare "l'occasione giusta", nè "la persona giusta". Quale che ne sia la ragione l'Irlanda ti pizzica corde che non sapevi di avere, quel che è solo a due dimensioni diventa invece tridimensionale, e quel che già è certo acquista anche vita.



p.s.
Iolanda è la persona più ritardataria d'Europa.

Foto di A.N. Inis Mor, 1997 Iolanda, Andrea, Me, Laura. E i muretti.

18.9.07

Glenna

Oggi parlo del whisky. Il whisky è una di quelle persone la cui compagnia va bene anche a tu per tu. Mica come una "pur piacevole" birra. Difatti si dice spesso: "andiamo a farci una birra", ma quando si è già almeno in due. Con la bionda birra (o con la scura per gli amanti del genere) si è così in tre, e come è noto ai più (tolkieniani) "in tre si è in compagnia". Ma qui non si parla di birra, oggi è il giorno del Whisky.La sua quiete sta rinchiusa in una bottiglia finchè non la stappi, e già quando lo versi nel bicchiere senti il suo profumo, e sai di essere insieme a qualcuno che si prende cura di sè. Spesso il suo profumo è buono, e senti di essere con qualcuno che ha fascino, che quantomeno fa delle promesse e delle avances. Il suo colore che varia dal biondo miele al quasi albino ne fa in ogni caso un amico insueto, per noi mediterranei caciaroni, lieti di azzuffarci tutti insieme in crateri colmi di nero d'avola e grigliate sulla spiaggia. Ma quando senti poi la whisky (pazienza, non ce la faccio a considerarlo maschio, sto quasi per farci l'amore) che ti bacia, lieve sulle labbra, avvolgente sulla lingua, allora un calore si sprigiona e il cuore pompa più forte mentre estasi di caramello e liquirizia feriscono come lame il cervello passando dal naso, e tu sai che Glenna ti ha pervaso.



Ormai sei in ballo, e saresti una donnicciola a ritrarti, così al primo bacio ne segue un altro e presto è Catullo con i suoi mille baci. Come qualsiasi persona, Glenna può darti alla testa. E siccome è bella, buona, brava (e costosa) farai bene a misurare la sua compagnia con la tua capacità di dominarla. Quando è con te amala, prendi quel sorso che ti evisceri i profumi, lascia stare quello che ti colpisce nello stomaco. Lei non sa fermarsi, devi farlo tu. E se sei bravo, la mattina dopo, non ti svegli con il classico "oh, mio Dio cos'ho fatto", ma la vedi lì. Sei fiero ed hai un bel ricordo, magari le strizzi l'occhio. La rivedrai.

foto di Enrico Romeo
on air: Drink before the war - Sinead O'Connor

17.9.07

Cyrano

Ho voglia di parlare un po' di musica. Qualche giorno fa mi sono imbattuto nelle parole di un'altra di quelle mezze deficienti che si riempiono la bocca di parolone e di cazzetti perchè hanno paura di dire paroline e ingoiar cazzoni. Usava, del tutto a sproposito va da sè, una strofa della canzone Cirano, di Francesco Guccini, per fare una entree variopinta. La canzone in questione è l'unica che io conosca di Guccini, ma mi piace molto. Era una delle poche canzoni per cui aveva una fissazione una mia ex, e devo dire che tutto sommato erano delle milestones. Sperando di non recare offesa all'autore, riporto qui alcuni brani del testo, per spiegare perchè e percome mi senta affine E al personaggio E all'autore stesso. In particolare l'inizio per me che amo il solipsismo è toccante.

Venite pure avanti, voi con il naso corto, signori imbellettati, io più non vi sopporto,
Infilerò la penna ben dentro al vostro orgoglio perchè con questa spada vi uccido quando voglio.

Venite pure avanti poeti sgangherati, inutili cantanti di giorni sciagurati
buffoni che campate di versi senza forza avrete soldi e gloria, ma non avete scorza;
godetevi il successo, godete finchè dura, che il pubblico è ammaestrato e non vi fa paura
E andate chissà dove per non pagar le tasse col ghigno e l' ignoranza dei primi della classe.
Io sono solo un povero cadetto di Guascogna, però non la sopporto la gente che non sogna.
Gli orpelli? L'arrivismo? All' amo non abbocco e al fin della licenza io non perdono e tocco,
Io non perdono, non perdono e tocco! *


Venite pure avanti voi con il naso corto: Cirano è oppresso dalla dimensione del suo naso, si scaglia contro chi non ha anormalità. La metafora è evidente, mi sembra. Lo spadaccino, il nobile, il leale, è in collera con una categoria di persone, che intanto sente diverse da lui. Ma non finisce qui, sarebbe un po' sciocco. E così spiega meglio: signori imbellettati, io più non vi sopporto. Ne ha avuto abbastanza di belletti e signorilità; il suo lessico tradisce tuttavia la "propria" signorilità, diversa da quella imbellettata di chi si agghinda di trucchi per apparir autorevole. Non è opinion mia, ma è scienza sociale che l'autorevolezza sia una caratteristica intrinseca, non ho timore di dire minchiate quando affermo che il cerone, così come i paroloni, non fanno un signore nei modi, non lo fanno nell'essenza. E Cirano dice non vi sopporto più, quindi la sua non è un'idiosincrasia "a pelle". Non ne può più e reagisce come può, dove si sente forte, lui grande spadaccino, nobile signore, poeta. Si erge sullo scoglio del veleno. Non so perchè, ma mi ricorda un po' V. Che dire dei buffoni che campano di versi senza forza? Qui il signor di Bergeràc ce l'ha con chi parla e scrive parole senza forza. La situazione è sottile al riguardo, come si può definire la forza di un verso, la reale consistenza di chi lo recita? Chi può dire se un verso sia frutto di fortuna o se abbia in sè incatenato anche tutto quel significato che trascende il significante vuoto delle parole usate? Io me lo chiedo, non così pare fare Cyrano, che mette tutti al muro, con una facile semplificazione: "avrete soldi e gloria, ma non avete scorza". Chi si sente di smentirlo? Chi ha il coraggio di dire che il successo arride al merito? Ok, può accadere, ma la legge che regola il successo è assolutamente avulsa dal merito. Quindi questo successo consiglia a ciascuno di goderselo. Qui secondo me anche a Guccini sarà venuta in mente la famosa frase sul successo di Warhol. Guccini-Cyrano prende in giro i passi più lunghi della gamba fatti sull'onda del successo, è evidente il suo disprezzo per chi se la tira come un pazzo (o forse sono io che lo dico? che lo leggo? che lo interpreto?) e indossa il ghigno arrogante dell'insolente ignoranza pervicace solenne ed antipatica che ha "il primo della classe". Ammazza quanto sò bravo, ammazza quanto sò figo, ammazza quanto sò macio. Macio, appunto. Che schifo.
Cyrano è un povero cadetto, uno che conta poco nell'esercito, e io sono uno che conta poco nel mondo, però lui non sopporta la gente che non sogna, e io non sopporto gli orpelli con cui si danno tutti le arie da grandi intenditori arrivati (arrivismo appunto) e cercano proseliti in questo nuovo paradiso che predicano. All'amo non abbocchiamo, e al fin della licenza, miei stupidi, tocchiamo.

*Francesco Guccini - Cirano

16.9.07

Bando alle lamentele

Questo l'ho scritto la prima volta che sono stato in Irlanda. Adesso, anche se ho l'animo un po' impeciato, per ricordarmi chi sono pesco nel passato. Il mio passato non prescinde dall'Irlanda, così eccomi qui con una nuova etichetta, idealmente verde: Irlanda.

Ero all'estrema propaggine di Erin, sul Dun Aengus, che si affaccia su una scogliera, nella maggiore delle isole Aran. Il brano però si riferisce al centro d'Irlanda, a Clonmacnoise, dove avevo il letto. Clonmacnoise è nel centro esatto d'Irlanda.

I cieli scoloriscono dal piombo al grigio ed ancora fino al chiaro colore della panna.Qua e là qualche squarcio d' azzurro sopra di me, ed all'orizzonte delle striscie celesti rompono l'oppressione dello sguardo e della luce. Non mancano nemmeno delle chiazze di grigio tortora,delle nuvole solitarie che seguono il vento e lo precedono insieme. Lo stesso vento mi arriva fin dentro le ossa e cozza col gelo che ho dentro al cuore. Si librano libere e leggiadre le rondinelle giocando ghiribizzi compiaciuti. Ogni tanto se ne stacca qualcuna dal gruppo. Si avvicina al mio fischio. Per un attimo mi vedo coi suoi occhi, qui seduto. Che la guardo e la interrogo. Ma una rondinella non ha le risposte che cerco. Pongo nuove domande alla camelia rossa che sta lì. Ma il suo altezzoso bocciolo non conosce i segreti della mia mente. Forse quel muretto lì aspetta la pioggia, quella stessa pioggia che scolorisce il tratto della mia penna laà dove lo bacia. E che increspa le acque del laghetto a due passi da me. Ed annacqua la mia birra. Ciao rondinella, che cosa mi dici? Oh, pettegolezzi arguti in verità, piccola mia, ma non sono novità.Non per me. Sì lo so che sarebbe più saggio ascoltare ciò che si sente dentro. Sì lo so che sarebbe meno cruento per le anime che i corpi le considerassero. Vai, vola via, tu che puoi, piccola mia. Io ho perso questo angelo se poi lo era. Prenderò il prossimo. No, non vi burlate di me alberelli. Non avete molta più esperienza. Siete lì ammucchiati sulla sponda del lago, vicino alla sua ansa rientrante nella direzione del sole. Ma siete fermi. Quante cose avrete da dire...ma in fondo saranno tutte uguali. Non bisogna restare fermi. Sì, lo so che non avete scelto voi, ma un passetto oggi ed uno domani... chissà dove sareste fra mille anni. E fra mille altri ancora saranno sempre laggiù quegli asfodeli che intonano un rosso vermiglio e sanguigno sulle note verdi d' Irlanda? Sulla tranquilla pace di questi luoghi che mi spingono ad essere quasi stanco, che mi trainano in quella dolce attesa che pare quella che precede il riposo. E il vostro trillare mi riporta alla vita dolci rondinelle. Un ultimo saluto a quel cigno. Quello che non ho veduto. Ed un altro alle colline lì in fondo che furono calpestate da Boru......................................



Foto di Enrico Romeo: autoscatto mentre scrivo queste parole, Irlanda 1997
on air: Maeve's march - Cruachan

Diario

Dice che in questi momenti devo ricordarmi un po' meglio di chi sono.

A me pare un po' presuntuosa come cosa.

Intanto perchè... chissà, forse non sono più come ero stato in un qualsiasi momento dell'elica a spirale del mio viaggio nel tempo.

In secondo luogo, cosa vorrebbe dire? devo mettermi a fare una lista? e di cosa? dei libri che ho letto, dei film che ho visto, dei luoghi che ho visitato, dei mari in cui ho fatto il bagno, delle rime che ho scritto, di cosa? e a che servirebbe? per farmi bello? per farmi figo?

effimero.

rifuggo, e con orgoglio.

Poi forse perchè un po' mi imbarazzo a ricordare le mie qualità e cosa ho fatto, mi imbarazzo perchè:

  1. magari pare che io rinfacci le cose (e invece se ricordo è solo per lenire il mio disagio)
  2. magari mi sento in difetto rispetto a quel che ci si aspetta da me

Mah. Ho sempre la sensazione che per me non ci sia perdono, per me non ci sia comprensione, per me non ci sia conforto.

Ho la sensazione che la mia esperienza con l'affetto sia sempre e solo unidirezionale. Mi sento un peso.

Da sempre ormai è la stessa solfa: attenzione per il carisma, sorpresa per il lirismo. Stima per le capacità. Bene, son contento, grazie.

E poi basta, l'affetto agli altri, le attenzioni agli altri, i sacrifici per gli altri.

Tutti uguali.

Tanto io me la cavo da solo.

E infatti, ecco come me la cavo.

Che pirla.



Fotografia di Enrico Romeo - Particolare di Ponte Carlo, Praga, Luglio 2005