27.9.07

Mi ascolti, Morfeo?

Oggi non avendo niente da fare e non potendo andare a correre parlo di viaggi. Sarà perchè sento un po' la pulsione all'avventura, vista la troppa quiete meccanica che mi circonda almeno a livello di avvenimenti. Ma questo non vuole essere un j'accuse nei confronti dei miei amici, che pure però si devono stare zitti se li taccio di inattività, perchè sanno che ho ragione.

Viaggi, dicevo.

Non so se è più piacevole abbandonarsi al ricordo e raccontare qualcuno dei viaggi che già ho fatto oppure se è il caso di spreadare le proprie wings end flaiare away. Posto che non sono un nonno, nè tantomeno un papà, credo che preferirò abbandonarmi un po' ai sogni, e così magari metto nero su bianco qualche proposito.

Io ho il richiamo per il nord, quello stesso di cui narra Jack London, ed ho una predilezione per le terre vuote ed estese, mi sarebbe piaciuto tanto essere un cercatore d'oro nel Klondike alla zio paperone. Ghiacci ovunque, l'aurora boreale, che pure ho vista in groenlandia, la natura selvaggia ed incontaminata e lo statuto ontologico di pioniere. Il primo o fra i primi a battere dei sentieri, arrancare e non arrendersi... ma non so se vorrò mai fare un viaggio lassù, non nella realtà. Uno che mi piacerebbe fare per ora, chissà come mai m'è presa l'idea, è di ripercorrere la via della seta, quella settentrionale. Mi piacerebbe partire di sera da Venezia in nave, a lume di candele in una notte umida e stellata, vedere le luci della città che si allontanano e sentire dentro me quel tuffo al cuore che viene viaggiando verso mete incognite, vorrei una mattina sorprendermi a scorgere in lontananza la cupola dorata di Hagia Sofia, la cattedrale di Istanbul, magari in controluce, visto anche che se non ricordo male il sole sorge proprio ad est... Vorrei prendere un cavallo e partire alla volta di Samarcanda (sognare non costa nulla, chiunque è libero di far questo viaggio con me), ripercorrendo le strade calpestate da Alessandro il Grande e dal suo esercito, o dalle carovane dei fratelli Polo, attraversare la media, la persia, la bactria e costeggiare l'immensa scitya a meridione, dove oggi giacciono confini incerti e dove oggi la gente muore con gli stessi perchè e con le stesse paure di duemilacinquecento anni fa, ma forse con meno dignità. Vorrei di nuovo imbarcarmi ma stavolta su di un fiume, e dal deserto passare attraverso foreste e poi steppe sul Bajkal, che è così profondo che se venisse svuotato tutti i fiumi del mondo impiegherebbero un anno a riempirlo di nuovo, e poi stanco esterrefatto e nuovamente nato vorrei svegliarmi una mattina in un giardino con mandorli rosa e laghetti con loti e ninfee, indossare una vestaglia di seta e con i miei occhi a mandorla guardare quelli di una ragazza sorridente, minuta e con dei modi gentili.

Te ne insegno qualcuna, Sogno. Se non vuoi darmi aiuto tu, ci penso da me.

26.9.07

Meme (ma anche te)

Dice Anna che è la mia volta, e che in pratica devo scrivere otto fatti. Questo mi ricorda un po' una simpatica amica che diceva "raccontami un fatto" oppure "raccontami un fattone". E inoltre si sposa bene con l'agognata leggerezza.

Ecco dunque:

1) Da lupetti quando arrivava la sera ci sedevamo attorno al fuoco, non più divisi per sestiglia, ma come ci piaceva di più. Io mi ricordo che mi sedevo molto volentieri vicino a Mariantonia, o a Carmine (che però era una ragazza), anche se loro erano nodo rosso e io solamente nodo giallo: ascoltavamo e raccontavamo a turno una delle storie del libro della giungla, e la mia preferita era quella in cui il branco metteva da parte ogni cosa per proteggersi dall'attacco dei cani. E poi cantavamo piano, quasi mormorando.

2) Per il mio diciottesimo compleanno alcuni amici sono rimasti a dormire a casa al mare con me, dopo la festa estesa anche a tutti gli altri. Abbiamo bevuto una bottiglia di tequila a testa, uno di loro ha spiaccicato la mia torta per terra, poi abbiamo fatto la guerra col borotalco e siamo andati a spaventare le persone, che però non solo non si spaventavano ma anzi ci prendevano per imbecilli. Siracusano è salito sulle giostre e ha vomitato.

3) In terza media mi sono rotto la caviglia, facendo educazione fisica; sono rimasto ingessato per 25 giorni, poi una volta tolto il gesso camminavo zoppicando per un po'. Un pomeriggio mentre andavo a incontrare Giulieide una ragazzina della putìa sotto casa, accanto all'oste, mi dice: "chi fai camini zoppu? chi schifu!". Dieci anni dopo le ho vomitato sulla saracinesca, dopo una serata etilica in doppia cifra di guinness.

4) Quando prendevo la canoa in estate, prima delle lezioni di vela, andavo ben più lontano di dove indicavano gli istruttori, e per tutto il tragitto canticchiavo Telegraph Road dei Dire Straits, con tanto di twieeown e tiiiin di chitarra. Per tacer dei tarataratara!!!

5) Per il primo anniversario ho inviato alla mia ex che stava fuori un pacco con un cuscinone, cioccolatini, sigarette, un cd di canzoni cantate da me ed una foto osè. Ho pagato per farlo, incredibile.

6) In terzo liceo ho fatto una intera interrogazione di greco con i pantaloni abbassati sulle chiappe. Era una di quelle interrogazioni "due contro due" che piacevano tanto alla professoressa bastardissima, in cui metteva da un lato due bravi (nel caso eravamo io e Fiorillo) e due bestie dall'altro (le sorelle schifazzù). Le abbiamo ridicolizzate e ne siamo anche andati fieri, il che testimonia che la scuola è un luogo asperrimo.

7) La mia auto era soprannominata smithsmobile perchè c'era sempre un cd degli smiths (e quasi sempre the queen is dead) e io guidavo come un pirata toccando anche i 170 in città. Una sera abbiamo girato un video di una di queste corse folli per metterlo nel giallo noir che avevo scritto.

8) Una notte ho passato nove ore al telefono con la mia ragazza, poi mi son fatto la doccia e sono andato a prenderla a casa per andare a scuola.

E ora passo il testimone ai miei amici, sperando di schiodarli un pochetto: Drugo AlexMeister e Antolla

Pììì-oooove

Ebbene, mi si fa notare la cappa di serietà che ha ricoperto il mio blog. E visto che vorrebbe essere un modo per tenere traccia di me questa serietà non è, ovviamente, possibile. C'è però da dire che questo non può e non deve diventare uno spin off dei qani, luogo deputato alla demenza, nè un dipartimento distaccato della M.I.A.O. la società di consulenza di demenza di cui sono presidente. Quindi come alleggerire l'atmosfera e dare spazio ai polmoni di respirare? Non ho una risposta concreta, ma il post di ieri di Inenarrabile, (che chiamerei più volentieri con il suo nome) e il nubifragio di stanotte sono dei segnali che non vanno ignorati, quindi farò in modo di alleggerire l'approccio, e parlerò di pioggia.

La prima parola che ho pronunciato non è stata mamma, papà, tette o whisky, è stata "Piove". Anzi, per l'esattezza è stata: "Pì-ooooove", per il disappunto di buona parte dei miei cari. Dovevo essere in braccio alla nonna, quella nonna di cui ormai solo in tre abbiamo memoria. E stavamo davanti alla finestra del salone, a quanto mi dicono, in una giornata di pioggia decembrina. A Messina piove più che a Milano, non si creda. E la pioggia ha un forte potere catartico, se sei felice sotto la pioggia sei ancora più felice, se sei malinconico non c'è niente di meglio per accompagnarti della pioggia. La prima volta che sono stato in Irlanda sono stato accolto da una bella pioggia che non ha smentito le mie aspettative sul clima delle isole britanniche, e così è stato pure al mio primo arrivo a Milano. Pioveva anche durante uno dei tragitti in nave lungo le coste del Brasile, verso le ilhas tropicaes, e così ho potuto testare la mia personale nuvoletta di Fantozzi anche dall'altro lato dell'atlantico, in un altro emisfero. Avevo voglia di cercare la stella polare... ad alzare gli occhi al cielo si beccavano solo goccioloni, ed il mare piatto la gran pioggia e l'umidità elevatissima dell'estate tropicale facevano sì che io avessi la sensazione di essere un pesce.


Da un estremo all'altro, ricordo invece la pioggia alle terme di Reykjiavik come un sollievo perchè interrompeva una nevicata di tre giorni. L'acqua nelle vasche termali era a 26° e la temperatura atmosferica poco sotto lo zero, cosicchè avere pioggia anzichè neve sulla testa e le spalle era una benedizione (sì perchè le vasche erano, categoricamente, all'aperto). Al pensiero mi rendo conto cos'hanno spesso da strillare i Sigur Ros nella quiete più assoluta (ma non assolAta). Prova a immaginare che mentre sei lì col sedere a mollo nell'acquetta calda in compagnia della tua ragazza e di una trentina di altre bionde nordiche ecco un fiocco di neve che ti si posa lieve fra spalla e collo. Hjosolìììììììì!!!! Fruglfrelsariiiiiinnn!!!! Htjyù-ùùùù!!!

Bè, l'impulso l'ho sedato, spero di non essere stato pesante come negli ultimi giorni. E se lo sono stato...

Se noi ombre vi abbiamo annoiato
fate conto che vi ha visitato
solo un sogno perchè nel frattempo
voi stavate, voi tutti, dormendo
(Puck, per penna di Guglielmo Scuotilancia - Sogno di una notte di mezz' estate)


Foto di Enrico Romeo: Temporale tropicale - Largo della costa Brasiliana Gen/00

25.9.07

Antenati

Miasorellaquellapiccola mi ha fatto giustamente notare che non ho ancora parlato della mia famiglia. Ed in effetti è un peccato perchè io ho una famiglia d'eccezione. C'è da morir dal ridere, c'è di che mettersi le mani ai capelli, c'è di che indignarsi, c'è da ammirare. Come ogni altra famiglia, mi si potrebbe obiettare.

Cazzate.

La mia famiglia è veramente speciale, e lo sarebbe anche se non ci fossi io, il che dovrebbe essere un indice di quanto è speciale.

Ovvio che non si può in poche righe esplicare quanto detto, nè è un mio proponimento.

Ma un epitaffio, un peana, al Monno lo faccio volentieri, se mi riesce di asciugare le lacrime.

Il Monno è un nonno, innanzitutto. Era (è morto, sì, anche se non del tutto) il più anziano, il Gerontius Took della mia famiglia, era piccolo e fragile, almeno alla fine. Ed era di una bontà provvidenziale che nè Manzoni nè Hugo avrebbero saputo cantare, figuriamoci io. Bè forse Hugo sì. Mio nonno Franz mi ricordava infatti il vecchio Jean Valjean, non certo per le sue avventure o per la sua forza fisica, quanto per il suo amore buono e senza compromessi, i suoi occhi dolci, liquidi, profondi e semplicemente ricolmi di benevolenza ed affetto. Io ho vissuto con mio nonno per non ricordo quanti anni, oltre un lustro comunque. Gomito a gomito, eravamo vicini di stanza, noi due soli nella casa, eravamo coinquilini. E nessun altro coinquilino mi è mai stato così vicino e così tacitamente d'esempio. Purtroppo l'esempio del Monno è un esempio che mi causa ancora dolore, giorno dopo giorno. Io non sono quel che era lui, il mondo non è il mondo in cui era lui. Non riesco ad essere sempre buono, a perdonare immediatamente ogni minimo torto, a superare ogni menzogna con un sorriso. Non riesco a lasciare fluire le lacrime, ma posso promettere una cosa, Nonno. Lo prometto e lo giuro sulla mia stessa anima. Nessuno mi porterà via il tuo esempio, nessuno riuscirà mai a farmi abbandonare la convinzione che si deve essere buoni, più di ogni altra cosa, che si deve essere amorevoli, più di ogni altra cosa, che si deve essere semplici, e che la vita è fatta solo ed esclusivamente per amare chi ci sta intorno, che i sentimenti giusti sono quelli buoni, e che il resto veramente non importa. Come era per te.

E stemperiamo un po' questo groppo in gola con le tue frasi celebri:

Enricuuuucio.... Mi metti na stilla i colliriu?

Pronto? Enrico non c'è! è al gioco!



Foto di Enrico Romeo: Zio Franciscu, Nonno Franz e Mamma. Rometta 2003

23.9.07

A volte ritornano

La cieca ostinazione d'incollare
ai rami foglie secche ed ormai morte
scavalca la ragione, svilisce il sentimento

Ogni tanto mi tornano in mente le mie stesse parole, a dispetto dal mio voler rifuggire dall'autoreferenzialità. Ed ogni volta che quelle parole mi tornano in mente una pace Ungarettiana si fa strada in me, e mi passano davanti le foglie che stavano sugli alberi in autunno. E mi figuro un baffutissimo Nietszche che, ostentando superomismo, si inerpica sull'albero per riattaccare le foglie, mentre poco distante i Monthy Python lo prendono in giro e lui arrossisce. Tutto diventa film d'animazione nello stile di Yellow Submarine, ed infatti ecco Paul McCartney che canta la sigla.

22.9.07

Trascendi

Giorni duri, per molte persone. Così mi sembra. Pare che "un'ombra si sia risvegliata ad ovest", pare che ci sia "una perturbazione nella forza". Eppure non è di problemi medici che si tratta, non è esattamente di sofferenze fisiche. Nè è "esattevolmente" chiaro dove giacciano i problemi, persona per persona, uomo per uomo, donna per donna. Eppure io so. In un qualche recesso recondito di me, nascosto alla luce del giorno, nascosto alla vita sociale reale fatta di suoni e occhiate io so. So dove nasce, so quando e soprattutto so il perchè. E in un agolo recondito nascosto al "me stesso" che si vuole apparire, anche "a me stesso" lo sa ciascuno di noi. L'anima soffre. Ha una ferita, ha ricevuto un colpo. L'anima non ha epidermide da incidere, e per questo è più difficile da graffiare, perchè è eterea. Ma l'anima non ha tessuto epiteliale che si nutre di liquidi, e per questo i suoi graffi sono più lunghi a guarire. Dobbiamo riconoscere che abbiamo un'anima, che è lo schermo che separa il nostro passato dal nostro futuro, è quel che siamo stati proiettato da quel che vorremmo verso ciò che potremo essere, è uno statuto ontologico in fieri, ma immanente.

Ci sono medicine che ti curano e disinfettano le ferite, ci sono medicinali che aiutano la psiche. Ma per l'anima... siamo soli, senza supporto, dobbiamo curare la parte più intima in assoluto di noi stessi con le sole nostre forze. Potrebbe capitare di farlo in compagnia, ma gli atti sono tutti solamente nostri. Potrebbe capitare che qualcuno si accorgesse che è un travaglio quello che stiamo vivendo, che non siamo in noi. Che trascendiamo. E trascendenza sia. O vuoi negare di avere un'anima? o forse non vuoi prestare ascolto al grido che ti rivolge? L'anima non è un bimbo che piange per capriccio, non esiste l'educazione dell'anima. Esiste il nutrimento. L'anima non è un animaletto di cui puoi non curarti per un giorno o due. L'anima sei tu. E se piange sei tu che piangi. Allora trascendi, ascoltala, accetta quel che ti dice, perchè è quel che dici tu stesso e che non riesci a sentire, in questo momento. Sarà il frastuono di sciocchezze in tv, sarà l'adrenalina che ti rimbomba nei padiglioni, nata dalla necessità di migliorare, fare, divenire. Ma non lasciarti l'anima alle spalle. Trascendi.

20.9.07

Uno Hobbit



Ho fatto molte prove negli anni, ho provato ad essere un fighetto, ho provato ad essere un fuso. Ho provato ad essere un poeta maledetto, ho provato ad essere uno sportivo, un ingegnere, un erudito. Quando è così evidente quello che io sia. Mi piace la compagnia degli amici, le risate al pub, mi piace una bella fumata. Mi piace quando i miei abiti hanno l'odore del camino. Sono estasiato quando ho la sensazione di stanchezza che segue l'intenso contatto con la natura. Ho i piedi pelosi. Sono molto a mio agio in campagna, e se ho anche mezzo metro quadro di terra provo a piantarci qualcosa. Poi non cresce, perchè ho il pollice nero, ma mi piace così tanto e mi rilassa così infinitamente l'idea della terra. Mi piace far frittate, ed avere ospiti a cena, rimpinzarli mi piace fare e ricevere regali. Mi piacciono gli alberi genealogici, ho cura delle mie radici, spensieratamente e senza travaglio interiore. Se voglio so esser silenzioso, e all'occorrenza un bravo scassinatore. Sono piccolo. Non sono felice di stare in mezzo ai "gambelunghe". Sono uno hobbit. Non so se sono Bilbo, o Frodo. Non so se la mia via è fuggita innanzi. Ho amici saggi come elfi, ho la benevolenza di anziani e venerabili persone. Quello che voglio è una casa con la porta d'ingresso tonda, tante camere da pranzo piene di cianfrusaglie e piatti, una dispensa ben fornita. Una pergamena, una presa di erbapipa. E se capitasse un'avventura... recalcitrerei come un mulo, ma...

Foto di S.L. Inis Mor, Irlanda - 2001 Me ed A. in paradiso.

19.9.07

I(r)iolanda

Devo parlare ancora una volta di Irlanda. Intanto Irlanda ha una assonanza piuttosto corposa con "Iolanda" e Iolanda è la mia amica d'infanzia più presente nella mia infanzia. Siamo tuttora ottimi amici, ma la particolarità è che la mamma di Iolanda viene dall'Irlanda. Io e Iolanda siamo stati in Irlanda insieme, la prima volta che sono stato lì, e non era programmato. Ho incontrato sua madre e sua nonna dinanzi al Trinity College a Dublino, che erano appena andate a prendere Iolanda in aeroporto. Poi s'è unita al gruppetto dei miei amici, e siamo stati in giro per una settimana insieme, prima che lei ci lasciasse per raggiungere i suoi parenti. In quella settimana abbiamo visitato Dublino ed i suoi pub, Clonmacnoise, Shannonbridge e le sue interessantissime miniere di torba, la splendida Galway, le Cliffs of Moher e le Isole Aran. A Galway mi sono innamorato di una violoncellista di strada, ed uno dei miei amici è stato praticamente violentato da una sguauata vicino lo spanish arch. A Galway ho acquistato un'armonica, in re. Stavo quasi imparando a suonarla senza ferire le mie stesse orecchie (per quelle altrui ci sarebbe voluto un po' di più immagino) quando piuf... perduta nella sabbia ad un falò.

Ma non è questo che voglio dire di Erin. Alzi la mano chi non ha un idea mistica dell'Isola di Smeraldo. Ogni volta che ci son stato, con chiunque io ci sia stato... il cielo così basso e le nuvole che piottano, il vento che muove i campi con onde verdi, i muretti dei pastori eretti con sassi, e con un equilibrio che nemmeno l'ingegner Cane. Vacci, in Irlanda, lettore. Con chiunque. Non aspettare "l'occasione giusta", nè "la persona giusta". Quale che ne sia la ragione l'Irlanda ti pizzica corde che non sapevi di avere, quel che è solo a due dimensioni diventa invece tridimensionale, e quel che già è certo acquista anche vita.



p.s.
Iolanda è la persona più ritardataria d'Europa.

Foto di A.N. Inis Mor, 1997 Iolanda, Andrea, Me, Laura. E i muretti.

18.9.07

Glenna

Oggi parlo del whisky. Il whisky è una di quelle persone la cui compagnia va bene anche a tu per tu. Mica come una "pur piacevole" birra. Difatti si dice spesso: "andiamo a farci una birra", ma quando si è già almeno in due. Con la bionda birra (o con la scura per gli amanti del genere) si è così in tre, e come è noto ai più (tolkieniani) "in tre si è in compagnia". Ma qui non si parla di birra, oggi è il giorno del Whisky.La sua quiete sta rinchiusa in una bottiglia finchè non la stappi, e già quando lo versi nel bicchiere senti il suo profumo, e sai di essere insieme a qualcuno che si prende cura di sè. Spesso il suo profumo è buono, e senti di essere con qualcuno che ha fascino, che quantomeno fa delle promesse e delle avances. Il suo colore che varia dal biondo miele al quasi albino ne fa in ogni caso un amico insueto, per noi mediterranei caciaroni, lieti di azzuffarci tutti insieme in crateri colmi di nero d'avola e grigliate sulla spiaggia. Ma quando senti poi la whisky (pazienza, non ce la faccio a considerarlo maschio, sto quasi per farci l'amore) che ti bacia, lieve sulle labbra, avvolgente sulla lingua, allora un calore si sprigiona e il cuore pompa più forte mentre estasi di caramello e liquirizia feriscono come lame il cervello passando dal naso, e tu sai che Glenna ti ha pervaso.



Ormai sei in ballo, e saresti una donnicciola a ritrarti, così al primo bacio ne segue un altro e presto è Catullo con i suoi mille baci. Come qualsiasi persona, Glenna può darti alla testa. E siccome è bella, buona, brava (e costosa) farai bene a misurare la sua compagnia con la tua capacità di dominarla. Quando è con te amala, prendi quel sorso che ti evisceri i profumi, lascia stare quello che ti colpisce nello stomaco. Lei non sa fermarsi, devi farlo tu. E se sei bravo, la mattina dopo, non ti svegli con il classico "oh, mio Dio cos'ho fatto", ma la vedi lì. Sei fiero ed hai un bel ricordo, magari le strizzi l'occhio. La rivedrai.

foto di Enrico Romeo
on air: Drink before the war - Sinead O'Connor

17.9.07

Cyrano

Ho voglia di parlare un po' di musica. Qualche giorno fa mi sono imbattuto nelle parole di un'altra di quelle mezze deficienti che si riempiono la bocca di parolone e di cazzetti perchè hanno paura di dire paroline e ingoiar cazzoni. Usava, del tutto a sproposito va da sè, una strofa della canzone Cirano, di Francesco Guccini, per fare una entree variopinta. La canzone in questione è l'unica che io conosca di Guccini, ma mi piace molto. Era una delle poche canzoni per cui aveva una fissazione una mia ex, e devo dire che tutto sommato erano delle milestones. Sperando di non recare offesa all'autore, riporto qui alcuni brani del testo, per spiegare perchè e percome mi senta affine E al personaggio E all'autore stesso. In particolare l'inizio per me che amo il solipsismo è toccante.

Venite pure avanti, voi con il naso corto, signori imbellettati, io più non vi sopporto,
Infilerò la penna ben dentro al vostro orgoglio perchè con questa spada vi uccido quando voglio.

Venite pure avanti poeti sgangherati, inutili cantanti di giorni sciagurati
buffoni che campate di versi senza forza avrete soldi e gloria, ma non avete scorza;
godetevi il successo, godete finchè dura, che il pubblico è ammaestrato e non vi fa paura
E andate chissà dove per non pagar le tasse col ghigno e l' ignoranza dei primi della classe.
Io sono solo un povero cadetto di Guascogna, però non la sopporto la gente che non sogna.
Gli orpelli? L'arrivismo? All' amo non abbocco e al fin della licenza io non perdono e tocco,
Io non perdono, non perdono e tocco! *


Venite pure avanti voi con il naso corto: Cirano è oppresso dalla dimensione del suo naso, si scaglia contro chi non ha anormalità. La metafora è evidente, mi sembra. Lo spadaccino, il nobile, il leale, è in collera con una categoria di persone, che intanto sente diverse da lui. Ma non finisce qui, sarebbe un po' sciocco. E così spiega meglio: signori imbellettati, io più non vi sopporto. Ne ha avuto abbastanza di belletti e signorilità; il suo lessico tradisce tuttavia la "propria" signorilità, diversa da quella imbellettata di chi si agghinda di trucchi per apparir autorevole. Non è opinion mia, ma è scienza sociale che l'autorevolezza sia una caratteristica intrinseca, non ho timore di dire minchiate quando affermo che il cerone, così come i paroloni, non fanno un signore nei modi, non lo fanno nell'essenza. E Cirano dice non vi sopporto più, quindi la sua non è un'idiosincrasia "a pelle". Non ne può più e reagisce come può, dove si sente forte, lui grande spadaccino, nobile signore, poeta. Si erge sullo scoglio del veleno. Non so perchè, ma mi ricorda un po' V. Che dire dei buffoni che campano di versi senza forza? Qui il signor di Bergeràc ce l'ha con chi parla e scrive parole senza forza. La situazione è sottile al riguardo, come si può definire la forza di un verso, la reale consistenza di chi lo recita? Chi può dire se un verso sia frutto di fortuna o se abbia in sè incatenato anche tutto quel significato che trascende il significante vuoto delle parole usate? Io me lo chiedo, non così pare fare Cyrano, che mette tutti al muro, con una facile semplificazione: "avrete soldi e gloria, ma non avete scorza". Chi si sente di smentirlo? Chi ha il coraggio di dire che il successo arride al merito? Ok, può accadere, ma la legge che regola il successo è assolutamente avulsa dal merito. Quindi questo successo consiglia a ciascuno di goderselo. Qui secondo me anche a Guccini sarà venuta in mente la famosa frase sul successo di Warhol. Guccini-Cyrano prende in giro i passi più lunghi della gamba fatti sull'onda del successo, è evidente il suo disprezzo per chi se la tira come un pazzo (o forse sono io che lo dico? che lo leggo? che lo interpreto?) e indossa il ghigno arrogante dell'insolente ignoranza pervicace solenne ed antipatica che ha "il primo della classe". Ammazza quanto sò bravo, ammazza quanto sò figo, ammazza quanto sò macio. Macio, appunto. Che schifo.
Cyrano è un povero cadetto, uno che conta poco nell'esercito, e io sono uno che conta poco nel mondo, però lui non sopporta la gente che non sogna, e io non sopporto gli orpelli con cui si danno tutti le arie da grandi intenditori arrivati (arrivismo appunto) e cercano proseliti in questo nuovo paradiso che predicano. All'amo non abbocchiamo, e al fin della licenza, miei stupidi, tocchiamo.

*Francesco Guccini - Cirano

16.9.07

Bando alle lamentele

Questo l'ho scritto la prima volta che sono stato in Irlanda. Adesso, anche se ho l'animo un po' impeciato, per ricordarmi chi sono pesco nel passato. Il mio passato non prescinde dall'Irlanda, così eccomi qui con una nuova etichetta, idealmente verde: Irlanda.

Ero all'estrema propaggine di Erin, sul Dun Aengus, che si affaccia su una scogliera, nella maggiore delle isole Aran. Il brano però si riferisce al centro d'Irlanda, a Clonmacnoise, dove avevo il letto. Clonmacnoise è nel centro esatto d'Irlanda.

I cieli scoloriscono dal piombo al grigio ed ancora fino al chiaro colore della panna.Qua e là qualche squarcio d' azzurro sopra di me, ed all'orizzonte delle striscie celesti rompono l'oppressione dello sguardo e della luce. Non mancano nemmeno delle chiazze di grigio tortora,delle nuvole solitarie che seguono il vento e lo precedono insieme. Lo stesso vento mi arriva fin dentro le ossa e cozza col gelo che ho dentro al cuore. Si librano libere e leggiadre le rondinelle giocando ghiribizzi compiaciuti. Ogni tanto se ne stacca qualcuna dal gruppo. Si avvicina al mio fischio. Per un attimo mi vedo coi suoi occhi, qui seduto. Che la guardo e la interrogo. Ma una rondinella non ha le risposte che cerco. Pongo nuove domande alla camelia rossa che sta lì. Ma il suo altezzoso bocciolo non conosce i segreti della mia mente. Forse quel muretto lì aspetta la pioggia, quella stessa pioggia che scolorisce il tratto della mia penna laà dove lo bacia. E che increspa le acque del laghetto a due passi da me. Ed annacqua la mia birra. Ciao rondinella, che cosa mi dici? Oh, pettegolezzi arguti in verità, piccola mia, ma non sono novità.Non per me. Sì lo so che sarebbe più saggio ascoltare ciò che si sente dentro. Sì lo so che sarebbe meno cruento per le anime che i corpi le considerassero. Vai, vola via, tu che puoi, piccola mia. Io ho perso questo angelo se poi lo era. Prenderò il prossimo. No, non vi burlate di me alberelli. Non avete molta più esperienza. Siete lì ammucchiati sulla sponda del lago, vicino alla sua ansa rientrante nella direzione del sole. Ma siete fermi. Quante cose avrete da dire...ma in fondo saranno tutte uguali. Non bisogna restare fermi. Sì, lo so che non avete scelto voi, ma un passetto oggi ed uno domani... chissà dove sareste fra mille anni. E fra mille altri ancora saranno sempre laggiù quegli asfodeli che intonano un rosso vermiglio e sanguigno sulle note verdi d' Irlanda? Sulla tranquilla pace di questi luoghi che mi spingono ad essere quasi stanco, che mi trainano in quella dolce attesa che pare quella che precede il riposo. E il vostro trillare mi riporta alla vita dolci rondinelle. Un ultimo saluto a quel cigno. Quello che non ho veduto. Ed un altro alle colline lì in fondo che furono calpestate da Boru......................................



Foto di Enrico Romeo: autoscatto mentre scrivo queste parole, Irlanda 1997
on air: Maeve's march - Cruachan

Diario

Dice che in questi momenti devo ricordarmi un po' meglio di chi sono.

A me pare un po' presuntuosa come cosa.

Intanto perchè... chissà, forse non sono più come ero stato in un qualsiasi momento dell'elica a spirale del mio viaggio nel tempo.

In secondo luogo, cosa vorrebbe dire? devo mettermi a fare una lista? e di cosa? dei libri che ho letto, dei film che ho visto, dei luoghi che ho visitato, dei mari in cui ho fatto il bagno, delle rime che ho scritto, di cosa? e a che servirebbe? per farmi bello? per farmi figo?

effimero.

rifuggo, e con orgoglio.

Poi forse perchè un po' mi imbarazzo a ricordare le mie qualità e cosa ho fatto, mi imbarazzo perchè:

  1. magari pare che io rinfacci le cose (e invece se ricordo è solo per lenire il mio disagio)
  2. magari mi sento in difetto rispetto a quel che ci si aspetta da me

Mah. Ho sempre la sensazione che per me non ci sia perdono, per me non ci sia comprensione, per me non ci sia conforto.

Ho la sensazione che la mia esperienza con l'affetto sia sempre e solo unidirezionale. Mi sento un peso.

Da sempre ormai è la stessa solfa: attenzione per il carisma, sorpresa per il lirismo. Stima per le capacità. Bene, son contento, grazie.

E poi basta, l'affetto agli altri, le attenzioni agli altri, i sacrifici per gli altri.

Tutti uguali.

Tanto io me la cavo da solo.

E infatti, ecco come me la cavo.

Che pirla.



Fotografia di Enrico Romeo - Particolare di Ponte Carlo, Praga, Luglio 2005

15.9.07

Per fortuna parlare non è l'unico modo

Tempo angoscioso d'antica vacanza
tornami in mente ma non al cuore
per contrastare il nuovo ch'avanza
per contener l'avanzante dolore.


Voci di strada, rumori di gente
mi rubarono al sogno
per ridarmi al presente*

Scendo nel buio del mio bastimento
per affrontar dell'oceano truce
le onde: per equipaggiamento
una sola candela per farmi luce.

Sbiadì l'immagine stinse il colore,
ma l'eco lontano di brevi parole...*

Foto di Enrico Romeo - Kulusuk, Groenlandia, Febbraio 2001


*parole di Fabrizio De Andrè - La Buona Novella

12.9.07

Memento

Si deve riconoscere quali sono le cose importanti e chi sono le persone importanti. Ed a queste persone ed a quelle cose destinare il proprio impegno, ed a queste persone ed a quelle cose indirizzare la propria attenzione e per queste persone e per queste cose evolvere le proprie caratteristiche. A questo fine è cruciale che si riconosca e si accetti il fatto che ciascuna energia utilizzata in quest’ottica ha un uso e due risultati: uno esterno, esoterico, verso il mondo, ed uno nascosto, endoterico, privato, perché essere corretti con le cose che si predicano importanti è essere corretti con sé stessi, ed il tempo dedicato alle cose predicate come importanti ed alle persone predicate come importanti è tempo dedicato a sé stessi.
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